7 aprile 1944. Bombe nel Venerdì Santo

La guerra che colpisce i civili.Donne, bambini, creature indifese,  indiscriminatamente. Immagini che violentano le nostre coscienze senza possibilità alcuna di comprensione. Interroghiamo il presente che sembra non riuscire a fornire risposte razionali. Ci occupiamo allora del passato, una Storia recente che abbiamo ascoltato molte volte. Nei racconti dei nostri vecchi, a scuola forse…

Attingiamo proprio  ad un progetto dedicato alle scuole, un’edizione Canova di ReteStoria ( Scuola e memoria), per cercare di capire cosa accadde il 7 aprile 1944.

7 aprile 1944

“Alle 13.24 del 7 aprile 1944 – Venerdì Santo – ebbe inizio il bombardamento di Treviso. Per sette minuti sul cielo della città passarono cinque formazioni per un totale di 159 bombardieri B-17 dell’aviazione militare americana (AUSAAF), che scaricarono 2.636 bombe, pari a 446,2 tonnellate di ordigni esplosivi. Le direttrici dell’attacco, entrambe provenienti da sud, furono due e portarono quattro formazioni sulla stazione ferroviaria ed una sullo scalo merci…

Rispetto agli obiettivi, gli esiti dell’operazione su Treviso furono molto limitati. A causa dei gravissimi sconvolgimenti, i soccorsi immediati furono pochi e male organizzati. Le distruzioni su Treviso furono immani e le vittime innumerevoli, probabilmente 1200 civili e 200 militari. Alla fine delle ostilità l’82% dei fabbricati risultò distrutto o danneggiato, nella maggior parte a causa del bombardamento del 7 aprile… Quasi tutti gli edifici storici furono più o meno danneggiati,intere aree furono rase al suolo.

Gran parte degli abitanti trovò non sempre facile sistemazione da sfollati nei paesi delle campagne circostanti…Cambiò il rapporto tra città e campagna, quest’ultima da sempre sottomessa ed ora in situazione di privilegio, perché provvista di cibo e ricovero.”

Perché bombardare Treviso?

“Agli occhi di molti dei suoi abitanti Treviso, non avendo impianti industriali rilevanti, appariva priva di obiettivi militari che potessero attirare l’attenzione dei nemici: una falsa e fragile sicurezza che contribuì enormemente ad elevare il bilancio delle vittime del tragico Venerdì Santo. Abituati al suoni dell’allarme aereo e ad assistere poi al regolare passaggio ad alta quota delle formazioni dei bombardieri diretti in Germania anche quel giorno non ci fu un rapido affrettarsi versoi rifugi.

Una questione drammaticamente sollevata subito dopo l’evento riguarda la modalità del bombardamento e di quelli che seguirono… Per la verità gli obiettivi della missione erano dichiaratamente strategici e furono una serie di condizioni oggettive a causare le vaste distruzioni e le innumerevoli vittime.

Indotte da traumi che gli eventi avevano generato nei sopravvissuti e che sono perdurati per anni, sono state prodotte da fonti popolari molte versioni fantasiose e prive di fondamento sulle ragioni del bombardamento di Treviso del 7 aprile”.

Il senso del ricordo e della celebrazione dell’evento.

“La memoria, il ricordo del coinvolgimento diretto, con inesorabile succedersi delle generazioni ha lasciato sempre più spazio alla celebrazione ed ormai la distanza temporale è tale che quell’evento appare inesorabilmente destinato a sfumare verso l’oblio.

Tuttavia un avvenimento di questa portata ha ragioni per essere ricordato  oltre, forse molto oltre, lo spegnersi del ricordo, perché ha determinato il destino della città e del territorio che la circonda, perché ha prodotto tali trasformazioni, che ancora per molte generazioni future la comprensione dei luoghi nei quali vivranno non potrà esserci senza la conoscenza e la comprensione di quel evento. Oggi in Treviso sono ampiamente evidenti le dissonanze del paesaggio urbano, là dove la struttura medievale e la cornice cinquecentesca dell’antica città appaiono disarmonicamente suturate con gli effetti della ricostruzione postbellica.

Il ruolo della scuola può essere allora decisivo, perché la comunità educativa può aver cura della memoria di questi eventi, può trasmetterne la conoscenza ed i nodi problematici in modo scientifico, corretto e consapevole alle generazioni delle quali di volta in volta si occuperà.”

Nelle parole di  Giovanni Comisso l’orrore della guerra che colpì anche Treviso in quel tragico Venerdì Santo.

Il bombardamento fu una calamità tra le più tremende, qualcosa come i terremoti che hanno colpito San Francisco, Lisbona o Messina, fu tremendo anche per la coincidenza del giorno. Era il Venerdì Santo di quella Pasqua di guerra, il 7 aprile del 1944, tutte le famiglie erano a tavola sul mezzogiorno con parenti e amici per condividere un pasto che si era cercato di migliorare fuori dalle restrizioni oramai consuete. In tutti era una speranza che, con la primavera, la guerra si concludesse più rapida; improvviso sibilò l’allarme.

Il cielo era limpidissimo, le squadriglie argentee, dopo avere puntato verso oriente, fecero una conversione dirigendosi sulla città in formazione distesa così da coprirla intera con le loro ali per tutta la larghezza della zona abitata. Non fu particolarmente preso di mira la stazione o un ponte o le caserme, ma tutta la città per cancellarla dal suolo. I crolli susseguenti suscitarono un vento travolgente fitto di polvere, di fumo, di esalazioni acri. Si disfecero le capigliature delle donne, come al turbine di un gorgo, con le case precipitarono anche i rifugi inadeguati, l’assordo delle rovine si univa a quello delle esplosioni che continuavano ancora, poi vi fu un immane silenzio, subito rotto dalle urla dei sopravvissuti, dei feriti, degli agonizzanti. Quelle acque chiare del Sile, ostruite dalle macerie, traboccarono, le fiamme si levarono, strade, piazze, furono tramutate in piccoli colli di pietre e sul culmine spuntavano travi eretti come in attesa d’una crocifissione. Migliaia di esseri umani erano morti in quella stessa ora che celebrava la morte di Cristo.

(da Gentile Treviso, L’Illustrazione Italiana n. 6, 1956)

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