“Sono un ladro di pensieri” – “Dylan classico”. Intervista ad Antonia Piva

“Abbiamo un immenso bisogno di poesia”: sono le parole che Antonia Piva, preside del liceo Duca degli Abruzzi di Treviso e membro del comitato scientifico del Centro studi oraziani di Venosa, ribadisce più volte parlando del suo ultimo lavoro: Dylan classico, Fonti di un poeta on the road,uscito recentemente per Osanna edizioni.

“Questo libro per me è stato come una sorta di lusus, un gioco della mente, un libro bizzarro che si presenta come studio filologico e prodotto artistico contemporaneamente”. 

Sin dall’attacco si capisce come l’opera sia frutto di un accurato studio dei versi dylaniani alla ricerca delle fonti che hanno ispirato l’artista.

“Sono una classicista, una filologa e contemporaneamente una grande appassionata di musica e poesia. Scrivere di Dylan è stata una scelta di pancia. Poi è arrivato il perché dell’ultimo momento: l’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura”.

Quel giorno, la dirigente scolastica assisteva ad un convegno sull’alternanza scuola-lavoro in Regione.

“I relatori erano estremamente preparati e l’argomento interessante, ma stavo seguendo il dibattito sulle candidature al Premio da un mese e sapevo che l’annuncio era imminente. Verso le tredici, malgrado fossi in prima fila, cedetti alla tentazione di consultare il mio cellulare ed ebbi la conferma”.

Nasce così Dylan classico, scritto in un solo mese, senza venire mai meno ai suoi obblighi dirigenziali.

“Non sono della generazione di Dylan, di quelli che lo hanno eletto a proprio simbolo. Ma all’annuncio mi è tornato in bocca il sapore di una stagione molto felice: quando mio fratello e i suoi compagni di scuola lo ascoltavano e si scambiavano le prime traduzioni delle liriche, quelle di Newton Compton con l’introduzione di Fernanda Pivano. Mi è sembrato lo scioglimento di tanta durezza che sta gelando il mondo contemporaneo, pieno di violenza, di disfattismo, di superficialità”.

Antonia Piva ha lavorato come una detective. Da filologa, è partita dalla prima impronta – lo studio del latino al liceo di Hibbing – ed è risalita, parola per parola, alla ricerca delle origini e delle fonti. Ha dimostrato come la modalità di scrittura di Dylan peschi moltissimo dalla tradizione.

“Sono partita priva di pregiudizi e la scena del crimine, che in questo caso è la scena della poesia, ha fatto emergere molte cose”.

Dylan è un poeta di conio antico che cita sapientemente Virgilio, Ovidio, Sant’Agostino e fa ampio uso del lamento dell’innamorato alla porta chiusa e della katàbasi: la discesa agli inferi per trarre un responso di speranza sul mondo futuro e la rotta del proprio destino.

La più evidente è quella contenuta in A hard Rain’s A-Gonna Fall (1962) – un pezzo dall’innegabile sapore oracolare scritto poco prima della crisi dei missili di Cuba -, in cui cita Virgilio e i suoi versi più famosi della discesa di Enea negli inferi.

È Dylan stesso a paragonarsi a Virgilio, non di certo per presunzione o arroganza, ma per una profonda consapevolezza di sé e della propria arte.

“Malgrado sia un artista molto elusivo, che confonde e depista, egli induce a fare un lavoro dal di dentro”.

Piva ha raccolto la sfida e ha messo in evidenza le radici arcaiche di Dylan e il suo legame con la tradizione  – il blues e il folk – di cui, alla stregua di Omero, si è fatto perfezionatore.

“Dylan è un poeta enormemente concentrato sulla sua arte, è riflessivo e coerente con la sua dimensione profetica e gnomica. Ha fatto propria la teoria sulla poesia di Platone, secondo la quale Dio soffia dentro al poeta qualcosa che lo fa diventare portatore di verità metafisiche”.

Un vento che Giovanni Paolo II nel 1998, dopo aver ascoltato Dylan cantare il suo Blowing in the wind, di fronte a duecentomila persone paragonò alla vita e al respiro dello Spirito Santo.

“Non è un caso – afferma Antonia Piva –che il Santo Padre, che prima della vocazione religiosa aveva avuto quella artistica, abbia riconosciuto in Dylan un comune patrimonio simbolico. E pensare che l’allora cardinale Ratzinger aveva fatto di tutto per non farlo esibire perché lo considerava un falso profeta”.

Tre anni più tardi, è il 2001, Dylan compone un nuovo album: Love and Theft, ancora una volta un concentrato di valori virgiliani, un blues dalla dimensione vaticinante, pubblicato dalla Columbia l’11 settembre e commentato qualche mese più tardi dall’artista con l’invito “a modificare il proprio mondo interiore”.

Il lavoro del filologo consiste soprattutto nell’individuare le parole chiave di ogni poeta, quelle che lo fanno riconoscere immediatamente. La prima, in Dylan, è “strada”, intesa come vita personale e artistica.

La parola si mette per strada, si immerge nel territorio poetico dei rapsodi, dei bardi, dei cantori yiddish. Dylan è pienamente consapevole che la parola poetica è esigente, chiede che si occupi solo di lei e non ammette posa.

“Non è un caso che Dylan abbia rifiutato di presentarsi a Stoccolma per ritirare il premio: egli non vuole considerarsi teorizzato. È consapevole del suo compito di artista: portare la poesia a persone che altrimenti non l’avrebbero mai letta, portarla ai grandi gruppi, come facevano i rapsodi tremila anni prima, renderla accessibile facendola uscire dai circoli accademici, dai cenacoli. Esattamente come fece Dante, il più grande poeta di strada italiano”.

Lo intuirono e profetizzarono Allen Ginsberg, il più grande esponente della Beat Generation che si commosse ad un’esibizione di Dylan appena ventenne, e Fabrizio de Andrè che, in un’intervista rilasciata a Giò Alajmo, auspicava l’assegnazione del Nobel.

Quello di Antonia Piva è un lavoro da lei stessa inteso come “un suo ristoro dell’anima”, molto attento a non sconfinare nella biografia per rispetto all’artista ancora vivente. Al contempo potrebbe anche essere visto come uno strumento didattico in cui le scarne note biografiche sono state accostate alla storia della letteratura latina, come in una ricca antologia dove si celebra l’enunciato dylaniano: “la poesia è una persona nuda”.

Federica Augusta Rossi

N.d.R. Il sito italiano dedicato a Bob Dylan è http://www.maggiesfarm.eu/

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