A tavola con Giovanni Comisso. Tre scalini segnano il tempo

Ci eravamo affacciati da Alfredo facendo un piccolo viaggio enogastronomico nelle Trattorie di Marca. Vi invitiamo ora ad accomodarvi facendo bene attenzione ai tre scalini che vi conducono in sala…osserviamo mentre il tempo scorre lento ed inesorabile…                   

Da tempo hanno ingrandito la sala, ma vi sono sempre tre scalini per andare dal piano che costeggia il canale a quello in fianco alla strada, cosƬ che se il cliente per guardare dove ĆØ maggiore il traffico dei camerieri volge la schiena alle acque, sempre li vedrĆ  nel salire e scendere i tre gradini.

Sono giovani e non sanno di esserlo, presto a turno uno di loro andrĆ  a fare il soldato nel bolognese o nella riviera ligure di Ponente.

Avranno altri capi, altri ufficiali che non conosceranno la loro abilitĆ  nel fare le uova fritte e impastate e nel servire gli antipasti e li metteranno a custodire i carri armati.

Alfredo e Giovanni Comisso

Il tempo passerĆ  e saranno ricordati dai clienti vagamente come se a una parete abituale avessero spostato i quadri. Vi sarĆ  altro aspetto, la barba lunga, i capelli tagliati corti e neanche la madre riuscirĆ  a conoscerli. I tre scalini avranno altre gambe fatte agili dagli anni nel salire e scendere. Ma quelle di Alfredo, il padrone, saranno sempre uguali, anche se i capelli cominceranno a incanutire.

Egli non vuole sentire parlare del futuro. gli fa terrore, eppure ĆØ fatale essendo nati. Non si sa mai, ĆØ giĆ  avvenuto e quindi avverrĆ .

Potranno cadere i capelli e quella testa rimanere calva, adorabile e temibile o anche le sue gambe potranno paralizzarsi in una vecchia artrite ed egli prenderĆ  posto accanto alla cassa su di un seggiolone da vecchi e gli sarĆ  rimasta soltanto la voce per rendersi persuasivo e obbligante.

Il locale si ĆØ ingrandito, vi ĆØ piĆ¹ spazio per muoversi, le vetrate sono state dipinte da De Ritz nello stile floreale dā€™altri tempi che avranno ispirato anche i candelabri. Gli uomini dā€™arte diranno: Ā« Questo stile ĆØ piaciuto fino alla sazietĆ  e poi ĆØ andato in disuso Ā».

Rimangono sempre i tre scalini di altri tempi per dare prova che i tendini non si sono allentati.

Il cuoco Verginella che pare quasi una maschera comica del teatro veneziano avrĆ  finito di cantare, come quando era a bordo della sua nave da guerra e lo aspettavano i porti stranieri per dare la prova della sua abilitĆ  dā€™uomo. AvrĆ  finito di bere allā€™insaputa di Alfredo e di cantare nella sua ebbrezza le canzoni rivoluzionarie e oscene.

La cucina gli sarĆ  stata allargata per avere facilitĆ  di muoversi nelle sue prodezze pretese dalla cucina, ma egli sarĆ  oramai nonno dei figli dei suoi figli e come a tutti i cuochi il sottogola e la pancia gli saranno cresciuti ornamentali e decorativi.

Nulla di stabile

Una stagione fa presto a passare, passano i ricordi dei clienti bisbetici e dei padroni insaziabili. Senza avvertirlo subito, la storia sarĆ  mutata. La cucina sarĆ  sempre piĆ¹ nota. Oramai si mangerĆ  da Alfredo come a casa propria, con le variazioni settimanali dovute alla stagione e al mercato.

Non si andrĆ  neanche piĆ¹ chiedendo il nome della trattoria. ma quello del cuoco. Verginella, perchĆ© solo per questo si andrĆ  fino a quel  vicolo secondario. I clienti venuti per la prima volta, giovanetti, curiosi difficili, si saranno fatti anziani dj esperienza e di attrazione e avranno giĆ  le loro pietanze favorite. Verginella li avvertirĆ  alla voce risonante per le sale e per gli ambulacri, e quelle piccole mani abili nel tastare la cottura della sogliola distesa sui carboni ardenti come sui cuscini lanosi, passeranno simili a pennelli di un pittore abilissimo dal carciofo ripieno al fegato ai ferri, per assestare la bianca cipolla. Alfredo fingerĆ  di non essere visto e continuerĆ  a osservare come un maestro dā€™orchestra se la nota segnata sarĆ  eseguita. Ma allora egli vedrĆ  in un confuso i clienti e i servitori, la realtĆ  di ogni giornata e non potrĆ  piĆ¹ comandare.

Eppure i tre scalini saranno sempre aperti alla aviditĆ  danzatrice dei nuovi camerieri che con le vivande nei piatti faranno vortici da destra a sinistra mentre attenderĆ  il cliente o il cuoco canoro.

Nulla di stabile ĆØ in questo mondo, gli uomini rispetto alle cose sono come lā€™acqua straripante di un fiume. Nellā€™affresco pompeiano della vendita di bibite la luce splende tra gli aranci e i limoni appena raccolti, eppure la notte di un tempo fu su di esso implacabile come la notte dei tempi.

L’equilibrio di un gioco

Ogni attimo ĆØ di ieri ed eterno e ce lo portiamo dietro come una storia. Siamo soli, irrimediabilmente soli, senza parenti, senza amici con i quali spartire lā€™attimo di tristezza dato dal sole allā€™apogeo. Siamo tristi come tutte le genti annoiate, non vi ĆØ domani, non vi ĆØ speranza, ma la trattoria dei tre scalini vive ed ĆØ eterna per un istinto. Vengono i clienti come a un comando e sanno quello che vogliono mangiare: caldo dā€™inverno e freddo dā€™estate. Alfredo dĆ  alto il comando come un ordine di battaglia, e i camerieri lo trasmettono come dovesse arrivare agli estremi limiti della vita.

Verginella, il cuoco canoro, prende le padelle necessarie ed esegue. Il fuoco si accende come venisse da generatori sotterranei, sibila e urla mentre morde la crudezza delle vivande.

I mangiatori abituali sono fedeli devoti al ritmo delle preghiere e i camerieri, fedeli e umili sacrestani, ubbidiscono al cuoco e ad Alfredo come a sacerdoti.

Passano gli anni e se con essi non passasse la storia, sarebbe difficile accorgersi, passano le mode, passano le persone, passano le epoche e rimane sempre uguale lā€™istinto della fame e sempre vi saranno i tre scalini per salire e scendere con lā€™equilibrio di un gioco per coloro che non sono ancora nati.


Giovanni Comisso,
??, 11 luglio 1966

Cā€™ĆØ una seconda versione (il titolo ĆØ Tre scalini) uguale nella prima parte ma che chiude in questo modo:

Nulla di stabile ĆØ in questo mondo, gli uomini rispetto alle cose sono come lā€™acqua straripante di un fiume. Nell’affresco pompeiano della vendita di bibite la luce splende tra gli aranci e i limoni appena raccolti, eppure Ja notte di un tempo fu su di esso implacabile come la notte dei tempi.

Ogni attimo ĆØ di ieri ed eterno e ce lo portiamo dietro come una storia. Siamo soli, irrimediabilmente soli, senza parenti, senza amici con i quali spartire lā€™attimo di tristezza dato dal sole allā€™apogeo. Siamo tristi come tutte le genti annoiate, non vi ĆØ domani, non vi ĆØ speranza, ma la trattoria dei tre scalini vive ed ĆØ eterna per un istinto.

Vengono i clienti come a un comando e sanno quello che vogliono mangiare: caldo dā€™inverno e freddo dā€™estate. Il padrone dĆ  alto il comando come un ordine di battaglia, e i camerieri lo trasmettono come dovesse arrivare agli estremi limiti della vita.

Il cuoco canoro prende le padelle necessarie ed esegue. Il fuoco si accende come venisse da generatori sotterranei, sibila e urla mentre morde la crudezza delle vivande. I mangiatori abituali sono fedeli devoti al ritmo delle preghiere, e i camerieri, fedeli e umili sacrestani, ubbidiscono al cuoco e al padrone come a sacerdoti.

Passano gli anni, e se con essi non passasse la storia, sarebbe difficile accorgersi; passano le mode, passano le persone, passano le epoche e rimane sempre uguale lā€™istinto della fame, e sempre vi saranno i tre scalini per salire e scendere con lā€™equilibrio di un gioco per coloro che non sono ancora nati.

Giovanni Comisso,
??, 11 luglio 1966

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