Beppe Fenoglio e gli studenti nati nel Duemila

Dall’anno scorso ho il piacere di condurre laboratori di scrittura sul racconto breve in alcuni licei veneti e quindi incontrare ragazzi e ragazze nati nel nuovo millennio.

Sono studenti già abituati alla lettura, alla scrittura e alle regole della grammatica. Non è su questo aspetto base che ci si sofferma nei laboratori. Il mio metodo (che deriva dall’essere autodidatta) è semplice: andiamo subito alla pagina letteraria, rileggiamo qualche racconto che ci piace e vediamo se ha ancora qualcosa da dire oggi, magari a distanza di decenni o di un secolo.

Tra gli autori italiani che prediligo ci sono Rigoni Stern, Comisso, Meneghello e Beppe Fenoglio.

Per cercare un ponte tra il ‘900 e l’oggi propongo spesso di lavorare su “Pioggia e la sposa”: è un testo in apparenza meno potente dei capolavori come “Un giorno di fuoco” o “Ma il mio amore è Paco” però lo trovo ottimo per introdurre un paio di discorsetti.

Com’è noto il racconto di Fenoglio, attraverso la voce del narratore adulto, rievoca il viaggio del bambino che era stato, nel giorno in cui si reca a un pranzo di nozze con la zia e il cugino prete. Siamo in una campagna desolata nel 1929, in una giornata di pioggia intensa e fredda e il viaggio a piedi del ragazzino è letteralmente una tortura che appare insensata. Il racconto inizia così:

Fu la peggiore alzata di tutti i secoli della mia infanzia. Quando la zia salì alla mia camera sottotetto e mi svegliò, io mi sentivo come se avessi chiuso gli occhi solo un attimo prima, e non c’è risveglio peggiore di questo per un bambino che non abbia davanti a sé una festa o un bel viaggio promesso. La pioggia scrosciava sul nostro tetto e sul fogliame degli alberi vicini, la mia stanza era scura come l’alba del giorno.

 

Credo si possa capire cosa c’è nella “cassetta degli attrezzi” di un autore anche da poche righe e con gli studenti mi soffermo su tutti i secoli della mia infanzia.

È un frammento che racchiude una grande verità: quando da grandi si ricorda il tempo infantile, appare dilatato e infinito (secoli), in contrapposizione al tempo-adulto-presente che spesso dà l’impressione di fuggire via veloce.

E poi come se avessi chiuso gli occhi solo un attimo prima; qui c’è il sonno profondo dei bambini che annulla il tempo, una caratteristica della prima giovinezza quando si vive la benedizione del dormire senza interruzione per tutta la notte; anche questo piccolo stato di grazia si perderà con l’età adulta, le preoccupazioni, i bisogni notturni.

Qui sta il primo discorsetto: un buon racconto dura nel tempo perché ha degli elementi universali che sono stati veri, sono veri e lo saranno.

Dico ai ragazzi che il protagonista di “Pioggia e la sposa” potrebbe essere il loro trisnonno nato negli anni ’20, oppure potrebbero essere loro stessi quand’erano alle elementari, o anche una condizione che riguarderà i loro figli. Un specie di tempo-universale-bambino.

Poi il racconto di Fenoglio va alle questioni della vita contadina, della povertà, delle relazioni parentali, del fallimento, della memoria ma quello che mi piace fare in classe è mostrare i piccoli dettagli, i ganci solidi di una scrittura che rende credibile, utile e commovente tutta la storia.

Come nella chiusa poetica del capoverso la mia stanza era scura come l’alba del giorno: probabilmente non c’è la luce elettrica nella campagna langarola, nessuna illuminazione pubblica e attendere l’alba significava davvero attendere la luce per muoversi nel mondo.

Ma quella mattina di pioggia incessante perfino l’alba tarda a farsi avanti.

E qui sta il secondo discorsetto agli studenti. Tenete da conto quello che avete visto e sentito, anche nell’intimo, quando eravate bambini o ragazzini, da quelle parti troverete sempre qualcosa di autentico che potrebbe diventare il cuore di un buon racconto breve, oppure ancora di più, potrebbe essere il vostro cuore intatto di uomini e donne del domani.

ANTONIO G. BORTOLUZZI è nato nel 1965 in Alpago, Belluno, dove tutt’ora vive. Ha pubblicato nel 2015 il romanzo Paesi alti (Ed. Biblioteca dell’Immagine) con cui ha vinto nel 2017 il Premio Gambrinus – Giuseppe Mazzotti XXXV edizione nella sezione Montagna, cultura e civiltà. Con lo stesso romanzo è stato finalista al Premio della Montagna Cortina d’Ampezzo 2016 e alla XIII edizione del premio letterario del CAI Leggimontagna 2015. Nel 2013 ha pubblicato il romanzo Vita e morte della montagna vincitore del premio Dolomiti Awards 2016 Miglior libro sulla montagna del Belluno Film Festival. Nel 2010 ha pubblicato il romanzo per racconti Cronache dalla valle. Finalista e quindi segnalato dalla giuria del Premio Italo Calvino nelle edizioni XXI e XXIII è membro accademico del GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna).

Pubblicato su: https://giacomoverri.wordpress.com/2018/02/26/9955/

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