Edoardo Albinati, La scuola cattolica

editoreĀ Rizzoli

Un grande scrittore, un grande romanzo?

Sinossi

Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei piĆ¹ clamorosi crimini dellā€™epoca, il delitto del Circeo.
Edoardo Albinati era un loro compagno di scuola alĀ San Leone Magno, intorno alla via Nomentana, e per quarantā€™anni ha custodito i segreti di quella ā€œmala educaciĆ³nā€. Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla, misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un romanzo che sbalordisce per lā€™ampiezza dei temi e la varietĆ  di avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri piĆ¹ vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della societĆ  italiana alle confessioni che appartengono all’adolescenza. Sesso, religione e violenza; il denaro, lā€™amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione che intende affrontareĀ i grandi quesiti della vita e del tempo, e di mostrare il rovescio delle cose.

Dicono del libro

Francesco Piccolo sul Ā«Corriere della SeraĀ»:Ā Ā«non soltanto questo libro ĆØ importante, a volte grandioso, non soltanto necessita di tutte queste pagine, ma grazie a questo tempo che si prende, a questo spazio che si prende, genera un tipo di narrazione assolutamente originale che, insomma, puĆ² rimanere un punto fermo degli anni letterari che stiamo vivendoĀ».

Margherita Loy su Ā«il Fatto QuotidianoĀ»:Ā Ā«Ero talmente assorbita nella lettura di questo libro da attraversare i diversi registri narrativi, da quello romanzesco a quella antropologico, da quello freddo e tecnico che narrava una vicenda criminale a quello intimo che parlava di sĆ©, dellā€™amicizia e dellā€™amore, senza quasi accorgermene […]Ā Compiendo il miracolo di aderire con feroce sinceritĆ  alla propria esistenza, ai propri vizi e alle proprie passioni, ma tenendo bene a freno lā€™ego che impazza in tanta letteratura italiana di oggi. Utilizzando il microscopio dello scienziato per capire i fenomeni antropologici in cui era allora immersa la sua e la nostra vita e la sapienza del poeta per descrivere gli episodi piĆ¹ cupi o radiosi. Finalmente un grande scrittore italianoĀ».

Andrea Cortellessa su Ā«La StampaĀ»:Ā Ā«Il fatto ĆØ che questo di Albinati non ĆØ un romanzo nĆ© un saggio, ma neppure un misto dei due (come quello che resta il suo capolavoro, Maggio selvaggio). ƈ invece il tentativo piĆ¹ coraggioso possibile (dopo il recupero della memoria con Vita e morte dellā€™ingegnere, quattro anni fa) di fare una buona volta i conti, non tanto cogli Anni Settanta e i loro mostri, ma col mostro che incontra tutte le mattine allo specchio. La condizione carceraria che scopre accomunarlo ai reduci di quelle guerre lontane (dopo tredici anni di reclusione al San Leone Magno, da piĆ¹ di ventā€™anni insegna a Rebibbia) si rivela cosƬ lā€™oscura sanzione di una colpa ancora piĆ¹ oscura. Davvero Ā«questo libro non ĆØ in grado di rispondere a molte domandeĀ»; ma in compenso forse ha fatto del suo autore, finalmente, un uomo liberoĀ».

 

L’autore

Edoardo AlbinatiĀ (Roma, 1956) da oltre ventā€™anni lavora come insegnante nel penitenziario di Rebibbia. Suoi reportage dallā€™Afghanistan e dal Ciad sono usciti sul Ā«Corriere della SeraĀ», Ā«la RepubblicaĀ», Ā«The Washington PostĀ». Ha scritto film per il cinema di Matteo Garrone e Marco Bellocchio. Tra gli ultimi libri pubblicati, ricordiamo TuttalpiĆ¹ muoio con Filippo Timi e Vita e morte di un ingegnere.

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