"Fiorella". Una novella di Claudia Loredana Comisso

“Fiorella”. Una novella di Claudia Loredana Comisso

Claudia Loredana Comisso (Claudia Loredana Salsa, NDR) è mia madre; ella ha già compiuto gli 89 anni e a questa età, un giorno, mi chiese una ventina di fogli di carta perché aveva da scrivere. si mise tranquilla nel suo tinello e scrivendo alcune ore nel pomeriggio, due giorni dopo mi disse che aveva scritto una novella. Erano 15 fogli di carta riempiti da cima in fondo della sua calligrafia chiara e snella, forse è meglio di una giovane collegiale: senza una correzione, senza un’incertezza. Lessi subito e mi stupì come alla sua età quasi centenaria, dopo essere passata attraverso a guerre continue, in un crescendo di ferocia, fino a distruggerle la casa, dopo avere visto decadere la vita beata della sua società borghese, ella ne uscisse tuttavia serena e ottimista nella rappresentazione di un mondo che per noi può essere soltanto di favola. Ehi questa sua novella è una semplice favoletta è il suo solo pregio consiste nel suscitare i noi lettori d’oggi, abituati alle infamie e alle nefandezze della vita e della letteratura corrente, ad ogni attimo del racconto l’attesa che la vicenda si risolva disastrosamente, mentre tutto va per il meglio. Sembra quasi che la scrittrice sia informatissima della moderna letteratura e si diverta a portare certe situazioni fino al punto in cui i moderni scrittori creerebbero il fattaccio, ma ella invece proprio in quel punto dà un vigoroso colpo di barra e crea il miracolo della risoluzione felice.

Giovanni Comisso

Fiorella

di Claudia Loredana Comisso.

Fiorella era rimasta orfana a quattordici anni e raccolta da una sua zia materna, cresceva bellissima. due occhi meravigliosi, colore del cielo, bionda, slanciata e con un’impronta di grazia e di bontà. La zia pensò di metterla presso le suore perché completasse un po’ la sua educazione. Diede subito prova della sua intelligenza; amava fiori, i bimbi, la natura, e voleva sempre spiegazioni su tutto. Passarono così quattro anni, quando un giorno la zia le disse: “Senti Fiorella, ora tu non sei più una bambina, purtroppo pochi mezzi mi restano per poterti mantenere, bisognerebbe che tu pensassi seriamente a metterti a posto. Andrai a Roma e là, certo troverai un impiego”.

Fiorella rimase un po’ scossa queste parole ma capiva anche lei che era necessario prendere una decisione. In una magnifica mattina di settembre Fiorella si decise a partire. la zia prima di lasciarla le disse: “Bada che a questo mondo vi sono tanti uomini cattivi… Sta attenta e che Iddio ti aiuti”. si lasciarono piangendo e con la promessa di scriversi spesso. Fiorella arrivò a Roma verso mezzogiorno, e uscita dalla stazione con la sua valigetta, stette fermo a guardare questo nuovo mondo: si sentiva sconvolta e sperduta. Vide un chiosco dove vendevano giornali e si fermò. Mentre stava osservando, un signore molto distinto, bello, giovane, le chiese se cercava qualche cosa; Fiorella alzò i suoi magnifici occhi celesti, e con una voce melodiosa rispose “Sì, sto proprio cercando qualche indirizzo, sono appena arrivata a Roma, non conosco nessuno, ed avrei bisogno di qualche persona buona che mi aiutasse”.

“Se Posso esserle utile, sono pronto signorina.”

Intanto, pensava, la zia mi disse di stare attenta, perché ci sono tanti uomini cattivi, ma vi pare che questo non lo sia.

Fiorella con poche parole spiegò il motivo della sua venuta a Roma.

“Se permette signorina, le offro di venire a colazione con me”, le disse quel signore. Fiorella rimase un po’ stupita, ma poi disse: “Volentieri, ma non vorrei disturbarlo”. Strada facendo, anch’egli le disse ch’era orfano, che aveva uno studio, essendo notaio, che lavorava molto, e che cercava una signorina, perché lo potesse un po’ aiutare, e le propose se voleva entrare nel suo ufficio.

“Se vuole”, disse Fiorella, “possiamo provare”.

Intanto arrivarono al ristorante e mangiarono con grande appetito e ben inteso, Fiorella si vergognava, ma erano allegri e passarono lietamente un’ora. “Adesso” disse Fiorella, “bisognerebbe che mi cercassi una stanza”

“Niente paura, signorina, anche per questo penso io. La portinaia di un palazzo qui vicino, che è stata per tanti anni cameriera in casa nostra, avrà certo una camera. Telefono subito e vedrà che si combina”. Il signore andò al telefono: “Marianna sei tu?”.

“Si, signorino, cosa desidera?” “Senti Marianna, avresti una stanza libera?” “Sì, signorino”. “Vengo subito da te”.

“Ecco signorina, andiamo subito, e così potrà riposare un po’”.

Arrivati, raccomandò Fiorella a Marianna, e le disse: “Allora, signorina, domattina alle nove l’aspetto”. Le diede il suo indirizzo, ma per essere più sicuro, pregò Marianna di accompagnarla.

Fiorella non sapeva come ringraziarlo e gli disse: “Iddio la ricompenserà di tutto il bene che mi ha fatto!”

Quindi dormì benissimo tutta la notte ma nei suoi sogni vedeva il signor Mario e sentiva la sua voce.

Alle nove, puntualissime, essa e Marianna entravano nello studio del signor Mario, e Fiorella aveva voluto comperare un bel mazzo di fiori che, entrata, depose sul tavolo del Dottore. Mario, l’accolse con un sorriso, e subito si mise al lavoro assieme a lei e le diede da copiare diverse carte.

Terminata la giornata, Mario le disse: “Mi pare, signorina, che andiamo abbastanza bene”.

I mesi passarono sempre lavorando e Fiorella aveva ormai fatto pratica di tutto e spesso Mario le diceva che tutto andava bene. Lavorando ogni tanto si guardavano e negli sguardi v’era un po‘di turbamento fra loro. Un giorno, cercando assieme delle carte, le loro mani si trovarono unite, e Fiorella si sentì tutta scossa quel contatto. Ritornata a casa Fiorella ebbe paura di se stessa, e pensò ch’era una stupidaggine provare un nuovo sentimento per il suo benefattore. Ma, purtroppo capiva che ormai si faceva avanti una grande passione. Era ormai Natale, e Mario alla sera quando Fiorella stava lasciando lo studio le augurò il Buon Natale.

“Grazie dottore, così a lei”. Ma Fiorella poi chiusa nella sua cameretta si mise a piangere.

La mattina seguente si svegliò ad una chiamata di Marianna. Che le presentava un magnifico mazzo di fiori e un grande dolce.

“Ma chi lo ha portato?” disse Fiorella. “Non so, signorina, è venuto un ragazzino a portarlo, ma non seppe dire il nome del donatore. Che sia il signor Mario?” – “Ma, cosa pensa?” Disse Fiorella, “sarà forse quel matto del suo amico, il signor Pietro che ogni volta che vien nello studio mi fa un mondo di complimenti”.

E intanto fu lieta per il pensiero di questo incognito donatore. Il mattino seguente trovò già il signor Mario che lavorava e salutandola cordialmente le disse: “E così, signorina, come ha passato il Natale?”

“Bene”, rispose Fiorella, ”perché una persona buona e gentile si ricordò di questa povera orfana! Ebbi in dono un magnifico mazzo di fiori, e uno squisitissimo dolce gustato assieme a Marianna”.

“E chi sarà il donatore?” disse Mario. “Non saprei, penso forse sia quel suo amico Pietro, che quando viene qui mi dice tante cose che io certo non credo sincere”.

“No, signorina, quello non è certo un tipo per pensieri gentili”.

“Ebbene”, disse Fiorella,” sarà stato il Bambino Gesù”.

Si misero a lavorare non parlarono più. L’inverno passò presto e per Fiorella le ore che stava nello studio erano ore beate, vicino al Signor Mario, e già sentiva che ormai provava per lui un grande affetto.

“No, no così non posso continuare”, pensava “bisogna che decida qualche cosa“. La primavera era bellissima e Fiorella finito il suo lavoro, si mise a frequentare i giardini pubblici. Prendeva un libro, e si sedeva sempre allo stesso posto dove cominciò a parlare coi bambini che le si avvicinavano. Passava delle ore tra i fiori, il verde, il canto degli uccelli. Un giorno, un signore anziano, distinto, elegante, chiese se poteva sedere sulla sua panchina. “S’accomodi” disse Fiorella “il posto è libero a tutti”.

“La signorina sta leggendo”, disse il signore, “qualche romanzo d’amore?”. “Oh, no, io leggo sempre libri nei quali possa imparare qualche cosa!”. Si presentarono a vicenda e Fiorella raccontò la sua triste storia, ch’era orfana e, venuta a Roma, aveva potuto aver la fortuna di impiegarsi ma quella vita chiusa non le conferiva, e così veniva a passare tante ore ai giardini.

“Anch’io sono solo, signorina, abito in un mio magnifico palazzo, ho con me tre persone di servizio, ma la mia vista va deperendo e amante come sono di leggere e scrivere mi è ora molto difficile il farlo. Potrei essere felice, e non lo sono, avevo una figlia, che avrebbe ora la sua età, ed è morta quando era bambina assieme alla madre in un tragico incidente!” Fiorella si commossa tale racconto e disse: “Lei deve essere tanto buono, e Dio, ingiusto, le rese così triste la vita”.

il giorno dopo si ritrovarono e cominciarono a parlare di tante cose, quando il signore, guardandola con bontà le disse: “Sa, signorina, che ieri sera ho pensato a lei”. “Grazie, buon signore, questo mi fa piacere!”. “Ma Se sapesse cosa ho pensato, vorrei proporle di venire a stare con me, mi sarebbe tanto utile, per leggermi, scrivermi, sorvegliare un po’ la casa, ricevere i miei amici, e portarmi un po’ di giovinezza avendone vivo desiderio. Ma lei, signorina, avrà il fidanzato, e forse non sarebbe persuaso!”. “Oh no, no, signore, non ho fidanzato, sono libera”. “Ebbene, signorina, ci pensi, e domani mi darà una risposta”. Fiorella quando fu sola nella sua cameretta pensò e ripensò, alla fine disse: “Sì, accetterò!”.

All’ora solita si ritrovarono, e subito il signore chiese “E dunque, signorina, che risposta mi dà?”. “Accetto ben volentieri”.

“Grazie, signorina, lei mi procura una vera gioia, e se verrà dopo domani sarà molto utile, avendo tanta corrispondenza sospesa a causa dei miei poveri occhi. Guardi, questo è il mio indirizzo”. Si lasciarono e Fiorella ritornata a casa pensò “Faccio bene? O faccio male? È inutile, così non posso più continuare”.

Scrisse una lettera al signor Mario:
“Egregio signore mi dispiace immensamente lasciarlo, e non ho parole bastanti per dirle quanto sia grata per tutto quello che ha fatto per me, ma affari urgenti mi fanno partire. Non pensi male di me e mi creda
Sua obbligatissima Fiorella.
La mattina seguente, comperò un bel mazzo di “non ti scordar di me”.

Mario era già al suo posto e l’accolse con un sorriso, al quale essa corrispose. Cominciarono a lavorare, ma ogni tanto Fiorella si fermava, assorta, sconvolta. Mario quel giorno doveva lasciare lo studio prima del solito, e disse a Fiorella che consegnasse la chiave alla portinaia.

Si salutarono e, rimasta sola, mise la lettera sopra il tavolo e vicino il mazzo di “non ti scordar di me” e piangendo sene andò.

Ritornata a casa disse a Marianna che il giorno seguente l’avrebbe lasciata perché affari urgenti la chiamavano via da Roma. Marianna nel fu spiacentissima perché ormai si era tanto affezionata e chiestole cosa diceva il signorino, Fiorella rispose: “E, cosa vuole, a me dispiace molto ma è necessario che parta”.

Il mattino seguente di buon’ora, si presentò dal buon Signor Nicola, il quale l’accolse con un sorriso e un’espressione di gioia.

“Spero, cara signorina, che si trovi bene, qui è casa sua”.

Chiamò le persone di servizio e disse loro: “Ecco qui la nostra Signorina Fiorella, che da oggi sarà la nostra cara padroncina; lei vi darà gli ordini per tutto ed io mi metto in riposo”. Le tre persone di servizio si dimostrarono liete, e a tutte Fiorella strinse la mano. “Signorina” disse Nicola, “se non le dispiace cominciamo subito, e ci mettiamo al lavoro rispondendo a una quantità di lettere”. Lavorarono così fino all’ora del pranzo, e Fiorella pensava che ormai Mario aveva letto la sua lettera.

Il povero Mario, entrato nello studio si stupì di non vedere la signorina al suo posto e pensò fosse ammalata, ma vedendo il mazzo di fiori e la lettera, la lesse e un senso di dolore, di sdegno, lo sconvolse, e chiamò Marianna: “Pronto, dimmi Marianna, la signorina è in casa?”.

“No, no, signorino, è partita questa mattina e si figuri quanto ne sia dolente. E non mi lasciò il suo indirizzo!”. Mario pensò: “qui ci deve essere quel furfante di Pietro, me l’ha portata via, me l’ha rovinata!”. Prese nuovamente il telefono, lo chiamò, ma gli risposero che era partito alla mattina presto, e non sapevano dove fosse andato. “Ecco”, pensò Mario disperato, “sono partiti assieme”. Prese i fiori e baciandoli, sentì che le sue lagrime vi cadevano sopra. Poi chiuse lo studio e andò come sperduto a girare per Roma.

Passarono così tante settimane, e Fiorella era diventata l’idolo di casa. Il signor Nicola, le offriva tante volte di andare fuori con lui, ma essa non accettava mai per paura d’incontrare Mario, e diceva che preferiva scendere giù in giardino; pensava a Mario liberamente, e dava sfogo all’animo suo sconvolto.

Il Signore Nicola, volle dare un grande ricevimento in onore suo. Fiorella adornò il grande salone di fiori e piante verdi, si mise un bel vestitino rosa, e all’ora stabilita cominciò a ricevere gli amici. Il Signor Nicola era soddisfatto. Quando arrivarono tutti, Fiorella andò a vedere se in cucina era tutto pronto, e uscita, tutti esclamarono: “Come sei fortunato, caro Nicola, di avere trovato una fanciulla così bella, così gentile!”. E le signore più maligne “Peccato, commendatore, che sia un po’ anziano, potrebbe sposarla!”

“C’è un altro mezzo!” rispose il signor Nicola “la farò mia ugualmente!”.

Erano quasi due anni, che Fiorella era con il Signor Nicola.

“Ci deve essere un mistero in quella cara creatura” egli pensava. “Tante volte la sorprendo assorta, pensierosa, quando mi legge delle pagine con frasi appassionate, quando mi sente suonare cose sentimentali si commuove. Io penso o che sia innamorata, o che abbia provato qualche delusione, ma non oso interrogarla. Ho deciso, voglio adottarla”.

Il giorno seguente telefonò al Notaio Mario Carlini, e lo pregò di venire a casa sua alle cinque. Fiorella a quell’ora stava leggendo un libro molto importante, quando il signor Nicola le disse: “Cara signorina, per oggi basta! Senta, ora verrà qui una persona, e voglia essere tanto gentile da lasciarci soli perché dobbiamo parlare di affari”.

Erano proprio le cinque, quando suonò il campanello.
Quale sorpresa, chi entrava era il signor Mario.

“Signorina Fiorella, lei qui! Che fortuna per me ritrovarla. Che felice combinazione!”.

“Anche per me, anch’io non l’ho mai dimenticato”.

Il signor commendatore, non vedendoli entrare, si alzò e vide che si parlavano. “Ma vi conoscete?” Disse loro. Non risposero che con un semplice cenno.

“Entri, signor Carlini, perché dobbiamo parlare di affari importanti; lei intanto, cara signorina, vada a prendere aria in giardino”.

“Ho sentito dire tanto bene di lei, signor Dottore, ed ora le dirò di che si tratta. Da due anni ho qui con me questa cara signorina, sono solo, avevo una figlia e moglie e sono morte, ed io mi sono affezionato a questa creatura che voglio fare tutte le pratiche per adottarla come figlia; sono molto ricco, e vorrei lasciare a lei tutta la mia sostanza, farò anche beneficenze, metterò a posto le mie persone di servizio e terminerò la mia esistenza tranquillo e felice”.

Mario stette un po’ perplesso, e disse: “Scusi, commendatore, in poche parole le dirò anch’io tutto ciò che mi preoccupa”. Cominciò con l’incontro alla stazione e disse come a poco a poco s’innamorò perdutamente di lei, senza avere il coraggio di dirglielo. “Oggi la ritrovo e con il suo permesso, voglio parlarle e se tutto va bene sposarla. Le dico tutto questo prima di incominciare le pratiche perché non abbia pensare che, sapendola ricca, io decida di farla mia. Sono molto ricco anch’io.”

Il commendatore fu molto scosso e commosso.

“Bene chiamiamo Fiorella, e sentiamo da lei cosa ne pensa!”.

“Francesco!” chiamò il Signor Nicola. “Senti, Francesco, fammi il piacere di chiamare la signorina che è giù in giardino”.

Il cameriere corse a chiamarla, e lei si presentò di corsa e raggiante.

“Senti Fiorella cara, dobbiamo parlare di cose serie”. (Fiorella rimase stupita che non la chiamasse più “signorina”).

“Dunque devo dirti che da oggi tu diventerai mia figlia, qui con il signor Dottore stiamo combinando tutto. Ti adotto come figlia e sarai padrona di quasi tutta la mia sostanza. Io ti voglio tanto bene, e spero che anche tu me ne voglia, e chiamami papà!”.

“Sì, papà mio, sono tanto affezionata a te che non mi sentirei di lasciarti più, e non per interesse, ma per gratitudine”.

A queste parole Mario pensò: “Andiamo male!”.

“Un’altra cosa, Fiorella, devo dirti. Vuoi bene al Signor Mario?”.

“Tanto, tanto, papà mio, l’ho sempre amato dal primo momento che ci siamo incontrati ed ho tanto sofferto”.

Mario non la lasciò proseguire. “Piccola mia cara, anch’io ti ho sempre amato tanto, ed ho tanto sofferto, quando tu mi lasciasti. Ma ora ci sposeremo”.

“Ragazzi miei”, disse il signor Nicola, “e mi lasciate qui solo?”.

“No, no, papà mio, tu resterai con noi”. e lo baciò sulla fronte.

“Ebbene, la casa è grande, tu Mario terrai il tuo studio là dove sei ora e verrete a stare qui, ma ragazzi miei sposatevi presto; sono vecchio e voglio provare la gioia di diventare nonno!” Tutti si misero a ridere e si lasciarono.

Dopo due mesi tutto era pronto, e una bella mattina Mario e Fiorella entravano nella chiesa di Santa Maria e Fiorella accompagnata dal padre, andava sposa al suo Mario, circondati da amici e amiche del Signor Nicola. Fu una festa magnifica, e piena di allegria. Per non lasciare solo il signor Nicola, Fiorella e Mario non vollero fare il viaggio di nozze ma passarono la luna di miele in una villa nei dintorni di Roma, di proprietà del Signor Nicola. “Mi raccomando”, disse il commendatore, ”al primo vostro bambino mettetegli il mio nome”. E così fu.

Immagine in evidenza di Filip Rankovic Grobgaard

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