Gian Francesco Malipiero sulle "infezioni musicali"

Gian Francesco Malipiero sulle “infezioni musicali” con un commento di Paolo Troncon

Mio caro amico, chiedendomi delle lettere Asolane mi hai messo in un grave imbarazzo. Dovrei parlarti del paesaggio che si trasforma lasciando in noi una grande tristezza per gli alberi che spariscono, per le case che cambiano fisionomia e per quelle nuove che non ne hanno.

Il musicista poco avrebbe da dirti, a meno che tu non voglia considerare musica l’architettura e tutto quello che la completa incorniciandola nel paesaggio, e in questo caso non avresti torto perchè ovunque dovrebbe regnare l’armonia che è la sorgente di ogni musica, ma è meglio non insistere su questo tema, che troppo ci sarebbe da rimpiangere.

Veramente non saprei dove cogliere un appunto musicale che potesse soddisfare la tua curiosità. Peccato che tu non venga a passare qualche giorno qui con me, potresti allora godere il concerto delle mine che deformano il profilo di queste colline e trasformano la roccia in materiale da costruzione (povere rocce!) e quello delle tre nuove campane. Tutti i contadini della diocesi si dilettano a suonare le campane, hanno il loro turno e più dei tre suoni che si seguono con lo stesso ritmo e si ripetono per più o meno tempo, secondo la forza muscolare dei vari concertisti, non ti sarebbe concesso di udire. Purtroppo quasi dappertutto le campane hanno perduto il loro linguaggio.

Canzoni popolari niente.

Gli «augelletti» di passaggio vengono immediatamente infilzati nello spiedo, perciò se talvolta li senti cantare, il loro canto è quello dei condannati a morte.

Fortunatamente, essendo faticoso l’inerpicarsi per queste contrade in collina, i pianoforti meccanici si tengono al largo e infestano soltanto la vicina pianura.

Qualche scalcinata compagnia di operette di quando in quando arriva fin quassù, ma pare che questa risorsa Musicale stia per finire. Forse anche tu avrai letto la notizia strabiliante della lega che si sta ora costituendo contro l’operetta che, importata dal di là delle Alpi, ha ucciso la sana e vecchia opera buffa italiana. Non ho ancora compreso da dove venga questa nuova ondata di patriottismo musicale, e dove si voglia andare a finire. Secondo me la lega commette un errore gravissimo ammettendo che l’operetta derivi dall’opera buffa. Qualora la compagnia fallisse, l’operetta acquisterebbe un titolo nobiliare che non le spetta. Si farebbe chiamare figlia «ultimogenita» dell’opera buffa, mentre tutt’altra è la sua origine. Discende dal baraccone delle fiere. Il baraccone ha partorito il circo, il circo i Musichalls e i café-chanlants, e questi hanno generato l’operetta che quasi non è nemmeno imparentata coi vecchi e ingenui vaudeinlles. Difficile sarà però la lotta contro un’istituzione che è fonte di lauti guadagni e che per tale ragione si lascia campare nonostante il suo passato equivoco. Certo che qualora si istituisse un ufficio d’igiene musicale e si cominciasse a combattere le infezioni musicali, l’operetta passerebbe un brutto quarto d’ora. Le infezioni musicali si tollerano perchè non si comprende quanto siano dannose a tutto lo sviluppo intellettuale di una nazione e quanto corrompono il gusto e il buon costume.

C’è un linguaggio musicale pornografico immorale che pochi comprendono. Se entri in un cinematografo e qualche volta ti è permesso di vedere una pellicola che riproduce usi e costumi e paesaggi che ti interessano e che potrebbero trasportarti in qualche mondo a te sconosciuto, l’inesorabile strimpellatore di pianoforte o l’orchestrina ti distruggono ogni illusione, e coi suoni più sconci ti dicono che il cinematografo non è un godimento spirituale, ma una finzione meccanica e una realtà commerciale. Se a Venezia vuoi goderti la piazza San Marco, non ti sarà concesso di completare musicalmente le tue sensazioni di fronte ai vari capolavori che il passato vi ha riuniti perchè le impertinenti orchestrine ti permetteranno soltanto di pensare che le procuratie, la chiesa, il palazzo ducale tutto è semplicemente il coperchio delle fogne che servono a tener lontano le pestilenze, mentre nessuna legge ti protegge contro le pestilenziali esalazioni sonore che si sprigionano dai caffè, dai restaurants e ti tolgano ogni possibilità di raccoglimento.

Purtroppo ora l’umanità si preoccupa soltanto dello svago per passare il tempo e non pensa che ogni ora passata rappresenta un’ora di meno da vivere, ma dal momento che non sa vivere non cerca che di ingannare il tempo.

Tutti i rumori possono trasformarsi e diventare musica: il rumore delle macchine, delle automobili, ma la cattiva musica rimarrà sempre una delle più pericolose infezioni dello spirito ed è per questo che si dovrebbe combattere energicamente anziché sfruttarla e farne un’industria. E poi come può il pubblico saturo di espressioni antimusicali, comprendere la vera musica, la grande arte musicale? Ma dove sono andato a finire? E’ questa una lettera Asolana? Sì, perchè qualora la musica non si prostituisse e invece di influire maleficamente sull’educazione dell’umanità si trasformasse e diventasse una delle più pure sorgenti intellettuali, anche l’architettura ritroverebbe la sua perduta espressione e il paesaggio verrebbe rispettato. Ma allora si amerebbero gli alberi, il canto degli uccelli e la canzone popolare e anziché assistere ad un continuo funerale delle cose più belle, avrei da segnalarti qualche piacevole novità che meriterebbe la nostra gratitudine e la nostra approvazione.

Spero avrai sopportato con rassegnazione questa cicalata e in attesa di qualche avvenimento importante, ti saluto. Sta sano.

Asolo, 25 gennaio 1926
tuo
Gian Francesco Malipiero

Pubblicato su “Il Quindicinale”, 26 gennaio 1926

Il commento di Paolo Troncon

Paolo Troncon

Questa lettera asolana del 1926, oltre a manifestarci il sentire e il pensiero di Malipiero, coglie alcuni temi che sono ancora di attualità.

«Le infezioni musicali [le “impurità” di un genere musicale] si tollerano perché non si comprende quanto siano dannose a tutto lo sviluppo intellettuale di una nazione e quanto corrompono il gusto e il buon costume». Questa affermazione parrebbe oggi essere assai anacronistica, vivendo nel tempo delle “contaminazioni”, tanto che non si contano più quanti siano i generi musicali esistenti e catalogati (migliaia …): ma il tema di fondo è ancora valido.
I generi (e le forme) musicali cosiddetti “classici” hanno avuto uno sviluppo generativo e trasformativo durato secoli e ciò ha permesso di creare in questo processo un sapere proprio, capace di essere trasmesso a generazioni successive che lo hanno così potuto arricchire e modernizzare: sono quindi contenitori entro i quali si è sedimentata una cultura e un’identità di popolo.
Nella fluidità della società globalizzata attuale questo difficilmente può ripetersi: troppo rapide le trasformazioni che accadono a ritmo esponenziale.
La musica e l’arte vivono di continue mutazioni, metamorfosi, morti e rinascite, ma senza una reale consapevolezza della durata dei processi di trasformazione, di ciò che lega lo sviluppo creativo nel tempo (sia da parte di chi compone, sia di chi fruisce). I prodotti delle arti, specialmente di quelle immateriali come la musica, rischiano così, in assenza di reale memoria, di assomigliare a un malato di Alzheimer!

Gian Francesco Malipiero (foto di Archivio Storico Ricordi, Wikimedia Commons)

Malipiero ci parla anche dell’inadeguatezza (già in quegli anni!) del “sonoro” che, nella vita quotidiana, anziché allietarci e metterci in armonia col mondo, ci impedisce di goderci a pieno la vista (di un film, di un paesaggio, di opere d’arte …), oppure infetta l’udito: «C’è un linguaggio musicale pornografico e immorale che pochi comprendono». «E poi come può il pubblico, saturo di espressioni antimusicali, comprendere la vera musica, la grande arte musicale?»
Chissà cosa direbbe oggi Malipiero vedendo il successo dei talent show televisivi … La situazione a distanza di un secolo è sicuramente molto peggiorata, ma direi che al fondo di questo pensiero sta anche una riflessione sul ruolo del silenzio nella musica.
Stiamo infatti diventando sempre più sordi a causa del gran “chiasso” che ci circonda. I giovani non riescono a stare senza qualcosa nelle orecchie, moderno horror vacui sonoro che l’odierna tecnologia alimenta con grande scaltrezza: la musica che essi più amano non ha pause. Ma il silenzio nella musica è una componente essenziale, non è lo spazio vuoto tra le note, ma un luogo di senso.
Conoscere la musica significa anche comprendere il significato del silenzio.
Da secoli, i grandi compositori ci insegnano nelle loro opere come il silenzio sia sempre “pieno”, a seconda della posizione che esso occupa nella sequenza temporale del decorso musicale. La musica d’arte ci insegna ad apprezzare il silenzio e in questo senso a vivere meglio.
Malipiero lo aveva ben capito e il disagio manifestato in questa sua lettera forse deriva anche da questo.

Paolo Troncon

Paolo Troncon
Compositore, esperto di analisi musicale, insegna nel Conservatorio di Castelfranco Veneto. E’ stato direttore dei Conservatori di Vicenza, di Castelfranco Veneto e presidente della Conferenza Nazionale dei Direttori dei Conservatori. Fondatore e direttore scientifico delle edizioni Diastema.

“Lettere Asolane” di Gian Francesco Malipiero.
da Il Quindicinale, 26 gennaio 1926 .

Immagine in evidenza: Gian Francesco Malipiero a Palazzo Ducale, Venezia (anni ’30) – Istituto per la Musica, Fondazione Cini

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