"Il cane e il gatto". La vita degli animali di casa Comisso al tempo delle vacche magre

“Il cane e il gatto”. La vita degli animali di casa Comisso al tempo delle vacche magre

Ho sempre sperato di potere leggere un libro uscito in Russia, dopo la rivoluzione. Non conosco il titolo, nè l’autore, ma di certo non è stato mai tradotto in italiano. Molti anni addietro me ne parlava Marc Slonim, con il quale avevo fatto un’antologia dei nuovi scrittori russi. Il tema era di estremo interesse: gli anni del capovolgimento sociale visti, sentiti e sofferti seguendo la vita degli animali e in particolare di quelli che stanno più vicini all’uomo.

Trattando dei cani, viene narrato che un giorno si trovano nella casa dell’uomo con il focolare spento, nessuno si cura più di loro, nessuno li accarezza, nessuno li richiama più, infine l’istinto li riporta randagi per finire affamati nelle selve.

La vita umana, nonostante le conquiste e le vittorie, non esce dal suo ritmo biblico e ora ci troviamo nel periodo delle vacche magre. Periodo da tempo cercato di ignorare, mentre gli animali l’hanno subito avvertito, come doveva essere avvenuto ai primi sintomi della glaciazione che si avvicinava. Non posso parlare dei bovini che si sentono sostituiti dalle macchine a motore, perchè non ho più una stalla, nè delle galline, delle anitre che quasi libere tramutavano i fossi della nostra campagna in un angolo di giardino zoologico mentre oggi si allevano negli stabilimenti di incubazione. Nè del baco da seta che non si alleva più, perchè troppo faticoso per i contadini. Tutti gli animali domestici o addomesticati, con la loro vita, devono rientrare in un giro preistorico e perdere il contatto con l’uomo.

Nella mia casa mi è rimasto solo un cane e un gatto di cui posso registrare la partecipazione al mutarsi di questa epoca. La mia cagnetta ha capito che la vita non va più come prima, quando ogni giorno vi era qualche cosa che bolliva nella pentola e il buon odore si diffondeva per le stanze della casa già dandole nutrimento. Ora devo andare da qualche trattoria amica a chiedere gli avanzi per essa e al ritorno mi aspetta saltellando davanti ai miei passi perchè si è accorta che porto un cartoccio. Appena lo schiudo si precipita per azzannare un osso che porta a nascondere come per farsi il suo granaio.

L’altra sera il riscaldamento non funzionava più perchè la nafta era alla fine e troppo densa non arrivava al bruciatore. Essa capiva che il freddo sarebbe durato per tutta la notte e non riusciva a trovare un posto caldo. Era inquieta, infine si adattò al suo proprio calore e si rannicchiò nella poltrona accanto al mio tavolo di lavoro. lo ero ugualmente inquieto e invano cercavo di riattivare il bruciatore. Non si può chiamare l’aiuto di un operaio, già è difficile che sia disponibile e se viene arriva in auto e bisogna pagare, oltre al suo lavoro, anche la spesa per questo mezzo.

Mi ritrovavo come in un inverno del tempo di guerra quando vivevo in campagna e al tramonto accendevo la stufa. La legna era quasi sempre umida, la carta non bruciava, i fiammiferi stentavano ad accendersi e sulla scatola la testa di una attrice del cinema sorrideva con la lucentezza della celluloide. Sempre quel sorriso beffardo tra le dita con il tormento per la vecchia madre che aveva bisogno di riscaldarsi.

Vittore Carpaccio – Visione di sant’Agostino (Wikipedia)

La cagnetta è sempre in allarme e abbaia insospettita a ogni rumore. Essa mi guarda, segue i miei pensieri come la sua ava nel quadro di Carpaccio accanto al santo che scrive e non doveva avere in quel medioevo pensieri più felici.

Anche il suo accordo con il gatto non è più come un tempo. Questi sapeva scegliere le sue ore per penetrare in cucina e avere la sua parte di cibo. Ora essa è avida di quello che riesco a portarle e rincorre e fa fuggire il gatto dalla sua preda. Certe volte mangia anche senza avere fame come il cammello senza avere sete, prevedendo il deserto.

Di fronte all’inquietudine della cagnetta, derivata dalla mia, si è determinata l’inquietudine del gatto. Questi non osa più venire nel tinello all’ora dei pasti per segnalarsi sotto alla tavola accarezzandosi contro le mie gambe. La cagnetta pare lo abbia già ammonito che in quella stanza non può più ritornare come una volta. Quando apro la porta d’ingresso della casa esso cerca di annullarsi con il bianco sporco del suo mantello, fermo sulla ghiaia, e devo prenderlo tra le braccia per farlo entrare.

Foto di muzaffer şengül da PxHere

La cagnetta scatta fuori veemente non concedendo più la tacita spartizione di quando vi era l’abbondanza. Allora la cagnetta aveva il diritto di prelazione sui rifiuti dell’uomo e al gatto spettava quello sui rifiuti della cagnetta, mentre ai gatti dei vicini rimaneva quello lasciato dal gatto di casa.

Nella casa di un vicino vi è ancora un gatto di lusso, un siamese bisbetico che ancora i suoi padroni allevano con le regole pregiate del periodo euforico. Ma anche questo lo si vede uscire da quella casa e saltare il fosso per andare verso gli acquitrini dove a primavera canteranno le rane. E questo stupido animale, rammollito in un addomesticamento da vita floreale, pare sia riescito ad avvertire i sintomi della vita ancora più difficile che gli si prepara. Ma ripensandovi sopra viene da credere che la cagnetta più acuta del gatto di casa e di quello dei vicini, essendo soggiaciuta all’ordine di amare e di procreare, sia tanto riescita a uniformarsi alle difficoltà attuali, che non partorì più come le altre volte quattro o cinque cagnolini, ma due soltanto.

Giovanni Comisso

Pubblicato sul Gazzettino il 9 dicembre 1965
Si ringrazia la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e il portale della Biblioteca Digitale

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