Giovanni Comisso - Il censore ipocrita

Il censore ipocrita

E’ inutile meravigliarsi se quando viene il momento delle barricate vi si vedono pronti a tutto osare tanti giovani in modo da costituire la maggioranza. Quei giovani sono tutti i ribelli alla pesante atmosfera dell’epoca decisa in nome della moralità e forse, ma non si osa dirlo, della sanità della razza, a interferire nella loro educazione sessuale e nella pratica. Bisogna andare adagio in questo argomento. Nel Veneto sotto la dominazione austriaca lo spirito di ribellione cominciò soltanto quando l’Austria aumentò il costo del tabacco. Bacco, tabacco e Venere sono i soli argomenti delicati e tra una vita che è breve, tormentata quasi sempre da guerre, da malattie, da lavoro sempre male retribuito e da giornate piovose, il popolo considera come pallidi sollievi quelle tre possibilità che gli devono essere concesse sempre nel migliore e più libero dei modi possibili, salvo ad agire come moderazione attraverso il medico e il confessionale. Ma un governo, se non vuole essere odiato, non deve mai agire direttamente e apertamente su quegli argomenti. È una mancanza dì psicologia politica, a meno che non sia invece un segno di alta psicologia machiavellica, che però questi uomini di governo, filosofi anonimi e perituri, escludono di potere usare da consapevoli. Se questa manovra di repressione fosse voluta col ragionamento che costringendo la gioventù a una castità e a una purezza da animali da allevamento si può portarla, nell’eventualità di una guerra, ad accettarla entusiasticamente come una liberazione, sarebbe difatti alta psicologia machiavellica. Ricordo di me stesso che a diciannove anni, costretto tra la vigilanza di una famiglia borghese e tra le limitazioni di una vita d’una piccola città di provincia, accolsi la Grande Guerra con la gioia di liberare non Trento e Trieste, ma me stesso verso una vita che vale sempre di essere goduta in pieno.

Sortita di Mestre il 27 ottobre 1848 (fonte: Wikimedia Commons)

Si dicono diverse cose: per esempio che questi uomini di governo, i quali non sono dei buoni cristiani anche se vanno a messa tutte le mattine e tanto meno dei santi se non amano la povertà, pensano che un tale zelo per la salvaguardia della moralità possa farli considerare cosi indispensabili e così graditi nelle alte gerarchie della cristianità da concedere a loro qualsiasi manovra politica verso sinistra. Anche questa potrebbe essere qualificata come alta psicologia machiavellica, ma non convince perché un governo dittatoriale non va a compromettersi verso la storia con dare ordini scritti alla giustizia di infierire in un senso piuttosto che in un altro. Se mai sono i funzionari della giustizia che, credendo di interpretare lo spirito di un’epoca, agiscono spontanei di conseguenza. Essi agiscono più che come funzionari, come uomini i quali sperano che con la loro opera possano riescire cosi graditi ai superiori da essere agevolati nella lunga e difficile carriera. Questi zelanti sono assai dannosi per le dittature; già il fascismo è stato rovinato dai mistici fascisti e dai facinorosi che mascherati da una falsa ideologia non pensavano ad altro che a una grossa materialità di guadagni. Quando il fascismo è diventato noioso per colpa di questi mistici e di questi facinorosi, allora ha avuto i suoi ribelli. Possibile che una lezione data da un passato recente non possa servire per i gerarchi di oggi? In quanto poi alle alte gerarchie della Chiesa non si può credere che siano scese così in basso, quasi a una stregua medioevale, da non accorgersi che un governo di zelanti cattolici cristiani non le salva né dal comunismo, né dalla corruzione della morale. Cosa ha loro giovato il Tribunale dell’Inquisizione e il governare direttamente sui popoli, se non a provocare l’avvento dell’eresia e del liberalismo? La Chiesa tanto più è forte quando comanda senza comandare quando esiste senza farsi vedere; già tutti siamo più che mai convinti che non è la forza, non sono le armi e le armate che difendono la Chiesa, ma la fede, in quanto essa è più pura, e il martirio, che è sempre come una battaglia vinta. Se la Chiesa è invece interesse materiale e denaro, allora è naturale che occorrano armi, armate, governi direttamente sottomessi e leggi, ma a questo modo non ci si dovrà stupire se aumenteranno i nemici e più ancora gli increduli, gli infedeli.

Francisco Goya – Scena da una Inquisizione (fonte: Wikimedia Commons)

In quanto alla censura vorrei fare conoscere un mio articolo scritto durante il fascismo e non pubblicato mai, perché, allora come adesso, provocherebbe la reazione non dei censori, ma dei censurabili. Quell’articolo concludeva: «La vera arte si attuerà anche se la censura fosse così tremenda da distruggere preventivamente tutte le tipografie e tutti gli altri mezzi di cui l’arte si serve. La vera arte non sorge per diletto, la vera arte è una voce di Dio e questa fulmina e ricrea attraverso cento porte di bronzo». Certo che i veri artisti non temono la censura: forse che il Giudizio finale di Miclielangiolo è annullato nella sua potenza anche se certe parti sono state velate? L’artista può dire tutto fino alle estreme verità e alle estreme realtà, perché, con la sua arte le elabora fino alla sublimazione, ma certi artisti attuali che credono di fare dell’arte dicendo pane al pane, sono semplicemente degli avvocatucoli che fanno comparse conclusionali. La censura, costringendo a un giuoco più arduo impone una elaborazione che è il primo presupposto dell’arte. Oggi la tendenza della cosiddetta arte moderna è di dire tutto senza non un controllo morale, ma artistico, credendo che il realismo, l’estrema confessione nuda e cruda, per quel naturale stupore che può dare, sia origine di una emozione artistica. L’equivoco è offerto non tanto da coloro che fanno opere rivolte al pubblico, quanto da coloro che le censurano. I censori non hanno un’idea precisa di cosa bisogna censurare. È di ieri che un tale che occupava un buon posto nella vita, si è fatto frate. Tutti i giornali hanno pubblicato la fotografia di costui col suo sguardo un poco troppo scaltro sotto al cappuccio monastico. Io se fossi stato un censore dell’attuale regime avrei sequestrato tutti quei giornali perché quella fotografia costituiva una esibizione divistica, mentre la morale cristiana impone la modestia delle proprie azioni.

Questo concedere di farsi fotografare e divulgare è vanteria materialistica e risulta immorale sia da parte dell’interessato che da parte di coloro che pensano di fare speculazione su di un atto di fede, se la fede c’è, la quale ama di stare nascosta. In un film americano vi è questa battuta di un padre in rapporto al figlio: «Se non fosse un mezzo sangue ebreo direi che è un gesuita, tanto è falso». La Chiesa attuale non è più in lotta coi Gesuiti, come nel 700, da concedere tale espressione. Oggi la Compagnia di Gesù è la Compagnia di Gesù Cristo e quella battuta che offende direttamente chi fu messo in croce per la nostra salvazione andava censurata. Un altro film che dal titolo si credeva potesse dare due ore di risate di gioia, riesci invece triste, angoscioso e indisponente, perché un giovane mascalzone meridionale di continuo maltrattava e prendeva a pedate due poveri vecchi artisti del cinema facendo trionfare la maleducazione e la delinquenza dei giovani verso i vecchi. Quel film andava non solo censurato, ma avrebbero dovuto mandare i responsabili a un collegio di rieducazione morale, se ve ne sono in Italia.

Questi analfabeti della censura che sono sempre uguali sotto a tutti i regimi, credono che in primo luogo il nudo sia immorale, mentre si dimenticano che oramai non fa più né caldo, né freddo da quando esistono i bagni di mare e lo censurano col risultato di chiudere la porta della stalla, quando i buoi sono già scappati.

Viceversa la documentazione delle guerre passate e recenti con tutta la loro trionfale violenza di armi di ogni specie è concessa esasperatamente quasi col presupposto di ricordare che agli uomini è riconosciuta la facoltà di uccidere e di distruggere. E quando non si tratta di guerre si passa alla vita consueta degli uomini sempre con l’intromissione di una pistola che spara o di un coltello sbandierato, mentre dagli esseri umani dovrebbe essere dimenticato che esistono questi mezzi, come si deve dimenticare che esistono droghe velenose e travolgenti. Sembra quasi che col pretesto di difendersi dai ladri, tutta l’umanità attuale debba avere a disposizione un’arma come nei secoli passati aveva lo spadino. In un recente francobollo a gloria di Garibaldi vi era un suo proclama ai siciliani die diceva presso a poco: «Chiunque non impugna un’arma è un vigliacco». Certo che i siciliani hanno ubbidito a quell’ordine anche troppo e non accennano a smettere, ma con questa propaganda delle armi impugnate nei più normali film, presto tutti gli italiani impugneranno un’arma per farsi ragione ai minimi torti.

Soldati italiani in trincea – Prima Guerra mondiale (fonte: Wikimedia Commons)

Questi sono i fatti immorali e che vanno censurati e combattuti. Nella mia corrispondenza con gli organi competenti, durante il fascismo, riguardante le mie esperienze con la censura, viene da ridere sui concetti informatori di quei censori. In un mio libro di guerra queste frasi non andavano: «i suoi compagni erano tristi e sospiranti di paura; gli altri stavano accasciati come morti; i soldati erravano come bestie spaurite; guardava i suoi soldati… egli pareva chiedesse perdono di doverli tra poco spingere fuori; i soldati volgevano lo sguardo atterrito al sergente; non aveva neanche la forza di rifiutare il rancio nauseante». Questo era censurabile per il censore di un governo che aveva come scopo ultimo di fare una guerra e non si può dire non fosse coerente con se stesso. Ma se si attende un avvenire fondato sulla giustizia, sul benessere e sulla pace, perché si deve ammettere sempre l’esistenza delle armi che uccidono? Ben altre sono le immoralità da quelle sessuali e che dovrebbero essere censurate non solo nelle esposizioni al pubblico, ma nella attuazione. Tocca spesso di vedere nei giornali o in altri mezzi di divulgazione la documentazione di un ministro con la cazzuola in mano che pone la prima pietra o che taglia con le forbici il nastro tricolore di un’opera di utilità pubblica, che in seguito si scoprirà che è stata utile, prima di tutto, per rubare miliardi da parte di quel ministro o dei suoi associati. Questa è immoralità. Questi ministri che da anni sono sempre gli stessi come competenti assoluti e indispensabili e non fanno neanche più il passo di danza di cambiare la dama, cioè il ministero, ma tengono sempre quello, come una loro propria miniera che abbia una buona vena di oro; questo è immorale e si dovrebbe almeno avere il pudore di non farli esibire, così da dimenticare la loro esistenza, se non si può frenare la loro avidità. Ma questo regime vuole la purezza della vita sensuale purezza mastica, come l’altro regime voleva la fede mistica e un altro regime quella nibelungica, mentre sotto sotto si volevano nascondere le cose che tutti purtroppo conosciamo.

Giovanni Comisso

Pubblicato sul n. 6 della rivista ”Il Borghese” del 9 febbraio 1961.

Immagine in evidenza: foto di Tumisu da Pixabay

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