“Il confine di Giulia”. Gianluigi Bodi intervista Giuliano Gallini

Il confine di Giulia” è un esempio perfetto di equilibrio nell’utilizzo di fonti storiche al fine di creare un romanzo di finzione. Come si raggiunge questo equilibrio? Ci sono stati dei momenti in cui le è sembrato di essere troppo ancorato alle fonti storiche?

Grazie per il perfetto! Altri critici hanno elogiato la costruzione del romanzo, sotto diversi punti di vista. Ma, anche se non manca un lavoro sulla struttura, il testo è rimasto molto spontaneo, diretto. L’equilibrio deriva probabilmente dalle sue premesse, intendo dire dalle sue molte simmetrie: una donna e un uomo, una poetessa e un romanziere, una nichilista e un credente, una borghese e un contadino… e per venire al cuore della sua domanda: un personaggio di fantasia e un personaggio storico. Questo mi ha consentito di usare le catene della ricostruzione storica, documentaria, per liberare l’immaginazione nel personaggio di Giulia. E si è formato l’equilibrio.

Quella di Ignazio Silone è una personalità travagliata, un travaglio che lo scrittore non riesce a contenere ed è quasi costretto a far uscire fuori da sé. Anche Giulia ha un moto interiore che però cerca di trattenere, quasi come non fosse lecito per lei esternarlo. I punti di contatto tra i due sono evidenti e spesso si intersecano. Ha pensato a questi due personaggi come due modi di affrontare la vita?

“Il confine di Giulia” era in origine il capitolo di un lungo romanzo. In quel capitolo dovevo affrontare il tema della ricerca esistenziale, un tema che deriva da una domanda forse   superflua – perché   esistiamo – ma che non riusciamo a non farci. Avevo bisogno di due punti di vista e sono scesi sulla pagina Ignazio Silone e Giulia Bassani.

Ai due punti di vista intellettuali si sono inevitabilmente uniti due temperamenti, due diverse apprensioni: più misurata e tutta interiore quella di Giulia, comunque rivolta alla affermazione di sé nel mondo quella di Silone. Credo siano due punti di vista e due temperamenti molto comuni. Interno-Esterno. Lavorando su questi temi sono giunto a pensare che l’esito della ricerca esistenziale non possa che essere o la fede in una trascendenza, per alcuni celeste per altri mondana – ma in ogni caso una forma di   autoinganno, pur se felice– o il vuoto, il rigore estremo del sentimento dell’inutilità.Non c’è scampo. Aut aut.

L’utilizzo della ragazzina amica di Giulia come narratrice è una scelta molto interessante. Perché ha scelto lei? La mia prima impressione è che lei, dando una versione parziale e personale della storia ci metta in guardia, che ci avverta che non è possibile conoscere tutto anche delle cose a cui siamo più legati.

Sì, è così. C’è anche una stesura teatrale de “il confine di Giulia” dove Giulia Bassani e Ignazio Silone si alternano in prima persona e il ruolo del narratore terzo è solo di collegamento, informativo. Nel romanzo, però, avevo bisogno di una “testimone” per diversi motivi. Il primo, come ha suggerito, per avvertire che nulla è fermo, nella Storia – anche in quella  documentaria– e nella nostra Memoria.

Il passato, pur essendo l’Essere del Divenire, può ingannarci e procurarci molto dolore se non sappiamo riconoscerne le trappole.

Mi permetta una citazione da “Messaggero d’amore” di Leslie P. Hartley: “Il passato è una terra straniera; fanno le cose in modo diverso laggiù.”Il secondo motivo risiede nel ruolo stesso del “testimone”. La narratrice è testimone solo in parte di quello che racconta, ed è nella condizione ideale per offrire al lettore una piccola teoria circa le differenze tra ricostruzione storica e romanzo.  Infine:la ragazzina scrive la storia di Giulia Bassani e Ignazio Silone all’inizio del nuovo millennio, quando ha ormai più di ottanta anni. Al termine della sua vita, e dentro una contemporaneità che fatica ad accettare. Ma così può anche parlare direttamente al e del nostro tempo. Questa ragazzina!Scesa sulle pagine per caso e con un ruolo molto marginale s’è presa gran parte della scena!

Ignazio Silone è il personaggio che meglio conosciamo per essere ispirato a una figura realmente esistita. In lui è evidente fin da subito una certa instabilità, il non essere in grado o il non volere schierarsi a favore di un’ideologia. Il non essere completamente coinvolto nemmeno con Giulia.  E’ stato difficile dare alla luce il personaggio di finzione Ignazio Silone?

Ho scoperto tardi Silone. Come tanti della mia generazione avevo un pregiudizio ideologico. Quando è nata la “polemica siloniana” tra storici, alla fine degli anni novanta, mi sono però appassionato, alla polemica e allo scrittore, e ho letto tutto quello che Silone ha scritto e tutto quello che potevo trovare su di lui. Non perché avessi già pensato di farne un personaggio, in parte di finzione, ma perché mi sembrava di riconoscere nella sua figura contraddizioni tali da farne un simbolo del novecento. E quindi aiutava me, a capirmi, mentre entravo timoroso nel nuovo millennio.

No, non è stato difficile dare alla luce il personaggio di finzione Ignazio Silone. A parte l’invidia che provavo per la sua scrittura.

Infine una domanda di più ampio respiro. Quali funzioni può avere al giorno d’oggi il romanzo storico? È possibile che sia in grado di spiegare il presente? Che utilizzando un punto di vista distaccato ci permetta di spiegare meglio i meccanismi, anche politici, che sono alla base della nostra società?

Senz’altro il romanzo storico, quando non è una semplice biografia romanzata o un racconto di genere, aiuta a capire il presente. È una delle sue funzioni. Non è difficile, per esempio, vedere nelle accese discussioni teologiche tra dolciniani e domenicani nella cornice dell’Abbazia de “Il nome della rosa” le discussioni politiche degli anni settanta, e nello scontro tra Guglielmo e Jorge quello tra ragione e fondamentalismo. Oggi abbiamo un particolare bisogno di capire la nostra società perché non abbiamo più i riferimenti ideali,forti e sistematici,del secolo scorso: e intanto il mondo è diventato sì più vicino grazie alla rivoluzione elettronica ma meno trasparente. Più complicato. Con molte pieghe, per rifarci all’etimologia di “complicato”.

Per capire le molte pieghe della nostra contemporaneità il Romanzo, non solo il romanzo storico, è il migliore strumento a nostra disposizione.

Gianluigi Bodi è nato nel 1975 a Jesolo. Nel 2013 ha fondato il sito www.Senzaudio.it, un vero e proprio osservatorio dell’editoria indipendente italiana. Nel 2015 ha vinto il concorso per racconti indetto dal CartaCarbone festival di Treviso e il racconto vincente è stato pubblicato nella raccolta “Guida alla notte per principianti” edito da Kellermann. Nel 2016 ha curato la pubblicazione della raccolta di racconti “Teorie e tecniche di INdipendenza” edita da Verbavolant edizioni. Inoltre dal 2016 si occupa dell’organizzazione dell’evento per scrittori esordienti Poster all’interno del CartaCarbone Festival di Treviso.

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