Il grande ozio (seconda parte)

Il grande ozio (seconda parte)

[leggi la prima parte]
Avere a disposizione acque limpide fredde o tiepide e immergersi secondo l’estro. Abitare una capanna di frasche, quella dei raccoglitori di virgulti, accordarsi con una trattoria del paese vicino che ogni mattina mandi in un cestino frutta e cibo quasi pastorale. Ricercare nei cespugli delle piccole isole tra i fiori e i piumetti dorati i lamponi e le fragole, dissetarsi tra le ghiaie alle sorgenti, aromatizzate dalla rucola selvatica. Guardare il variare delle brevi nubi e interpretare in esse profili umani o forme di animali fantastici. Giuocare con le acque nel farle deviare o sbarrare con dighe come in un ritorno all’infanzia. Dormire in un giaciglio di foglie e se la lunga estate scatena improvviso un temporale, uscire ignudo all’aperto per ricevere tutta la tiepida pioggia elettrizzata dai fulmini.

Non pensare, solo guardare, solo seguire gli incanti dei fiori cresciuti esuberanti nel colore e nella pianta dove le ghiaie hanno vene d’acqua nascoste. Infine quando la palma dei piedi sia diventata felice nella sua libertà di aderire alla terra, decidere di godere questo grande ozio, lontano dai centri affollati di villeggianti, in una città deserta, come nel giorno di ferragosto.

Abitare questa città in una casa piccola e isolata che sia stata, un tempo, le scuderie di un vecchio palazzo padronale, ridotte ad appartamentino, senza inquilini di sotto e di sopra, ombreggiata dagli alti alberi del giardino, dove si senta di giorno e di notte lo zampillo di una fontana ricadere sulla vasca con due toni diversi e ricorrenti. E di sopra invece del tetto vi sia una terrazza da cui vedere i tetti arsi delle case attorno.

Vivere, solo, con un vecchio cameriere dalle mani tremanti sempre ricoperte da guanti bianchi. Avere un fonografo e buoni dischi, ascoltare al risveglio una fuga di Bach o la danza di Sherazade, prendere una colazione di frutta con prosciutto e bere durante il giorno spremute d’uva o di pomodoro. Passare dalla stanza adorna di bei quadri di De Pisis e di acquarelli cinesi alla terrazza per prendere il sole alternando ogni tanto la doccia. Avere un buon cannocchiale e spiare entro alle finestre delle case vicine la vita segreta degli altri.

Foto di Pixabay

Non sentire rumori di automobili, né voci, solo le campane della parrocchia suonare nelle ore prestabilite. Avere il senso che il sole non abbia da tramontare mai e che l’estate abbia raggiunto un’immobilità perpetua senza affaticare gli alberi al calore abbracciante. Uscire nella sera, col primo fresco, a girare in bicicletta per le strade eccentriche e ombrose, dove sostano gli innamorati, godere di saperli felici e di pensare all’amore come a una funzione spettante ad altri esseri più impazienti. Fermarsi a una bancherella dove si venda rosso e fresco popone per mangiarne una fetta fino a bagnarsi le guance. Poi ritornare a casa, sfogliare un album di fotografie di viaggi e accompagnandosi ai ricordi addormentarsi, sicuro che il giorno dopo il cielo sarà ancora netto d’azzurro e pervaso dal caldo.

Ma per completare la lunga estate ci vorrà che una notte venga a svegliare di soprassalto un grande fragore di tuoni, e allora si salirà sulla terrazza per assistere al formarsi dei lampi, uno dietro l’altro, altissimi nel cielo vicino e lontano, ramificantisi per un attimo, imprigionanti il cielo in luminosi merletti che facciano apparire nel buio le fronde intimidite degli alberi. E sarà il temporale che prelude all’autunno, al breve autunno, tanto breve da potere appena compiere gli ultimi raccolti e poi rientrare nell’inverno.

Così vorrei potere vivere il mio grande ozio annuale. Vorrei, perché so che vi fu un tempo in cui mi fu possibile viverlo così. Ma oggi tutto è cambiato, sono cambiate le stagioni, il sole sembra ammalato, ed io anche sono come ammalato: non sono mai libero di oziare, ammalato è anche il denaro, che non ha più la forza di un tempo, e dovunque si vada la gente imperversa in un’insopportabile folla che assedia e stanca.
Giovanni Comisso

da Il Mondo del 25 ottobre 1955
Immagine in evidenza: Foto di Pixabay

Share