Il Nuorese luogo di battaglia - Il viaggio in Sardegna di Giovanni Comisso

Il Nuorese luogo di battaglia – Il viaggio in Sardegna di Giovanni Comisso

Si lascia Sassari a malincuore, in poco tempo s’erano strette tante amicizie, s’era preso il gusto dello stare a caffè a parlare d’arte e di vita.

Sono diretto a Nuoro, la nuova provincia della Sardegna creata dal Governo Fascista. Era sommamente necessario fare di Nuoro qui nel centro dell’isola un capoluogo di provincia. In altre parole questa prontitudine del Governo corrisponde all’aver portato il comando di un Corpo d’Armata in trincea. È questa zona tra l’alto Tirso e il Gennargentu che più ha bisogno di immediate cure paterne. Qui doveva essere messo il Comando per meglio vedere e giudicare e provvedere, e il beneficio non tarderà a manifestarsi.

Fino a Macomèr il paesaggio continua a commuoverci come alle prime ore dell’approdo. Questa terra a volte ricorda l’Istria, a volte il Marocco, ma sono brevi istanti, questa terra in ultima analisi non somiglia a nessun’altra: è unica al mondo. È una terra sognante che si attraversa; gli alberi del sughero e le siepi di fichidindia danno traccia alle distanze sul giallo ondulato delle stoppie, si crede di essere poco al di sopra del livello del mare, ma invece, poco oltre, ecco che si rasenta una valle che si sprofonda lontano. Pieno di sorprese è ogni attimo. Da Macomèr a Nuoro si ha di una parte altissime montagne e dall’altra estesi pianori. Nuoro risulta altissima, eppure la tua altitudine non arriva ai seicento metri sul livello del mare. L’Ortobene azzurro nelle sue rocce la domina, e sta irto e ventoso, tra due valli. La città è tutta in costruzione, assunta al nuovo posto di capoluogo di provincia era necessario rifarla dalle fondamenta, tutto mancava qui incominciando dall’acqua, le comunicazioni, l’illuminazione, e molto ancora c’è da fare, ma si farà perché oggi Nuoro non è più un comune sardo lontano e sperduto, ma è sede di prefettura. È qui attorno a questa zona, verso il Gennargentu, nei grossi paesi isolati per aver strade simili a ruscelli, che vivevano fino a poco tempo fa quelli che si potevano chiamare i re pastori. Bloccati tra le impervie montagne dove salta il muflone e scaturisce grugnendo il cinghiale, forti per le loro pecore che si moltiplicavano a migliaia, costretti ad un’economia chiusa, dove tutto veniva prodotto in casa, vestiti, attrezzi agricoli, mobilia e cibi, questi uomini di queste montagne non credevano che in loro stessi e le individualità divenivano superbe, feroci, assolute. Un famoso avvocato sardo, Castiglia, in un’arringa per un processo che ha riguardato questi re pastori li ha magnificamente definiti chiamandoli: «Enormi bambini». Quelli che sono stati tragici odii tra famiglia e famiglia, non sono sorti da grandi cause, non da amori, non da interessi venali, ma da gare di potenza capaci di far sorgere le più acerbe gelosie.

Nuoro e il Monte Ortobene (foto di Max.oppo, Wikimedia Commons)

Uno aveva tutti bellissimi figli, tutti magnificamente sposati, aveva cavalli di sangue purissimo che vincevano a tutte le corse, nelle gare di lotta quei figli vincevano tempre, i suoi raccolti andavano per il meglio, all’altro invece tutto l’opposto. E questi, roso nella noia della grande solitudine, si sentiva di essere il maledetto, il maltrattato dalla natura, dalla madre natura, ed enorme bambino scattava verso azioni violente che trascinavano lui e tutti ì suoi fuori dalla legge. E non è che la solitudine e l’isolamento in una terra divinamente aspra che possano determinare queste situazioni drammaticamente sterili. Ma tutto questo appartiene oramai al passato, tra quel tempo e il nostro è stata posta una barriera fortissima: la volontà del Governo Fascista di portare la vita tra queste valli. E come i cittadini di Nuoro siano all’altezza della situazione lo si sente dalle scritte imposte alle mura delle vecchie case: «Duce, è l’ora», ed un’altra: «Rinnoveremo l’eroismo della Brigata Sassari». E non poteva essere meglio scelto quale rappresentante del Governo, in questa nuova provincia, l’attuale Prefetto S. E. Martelli, medaglia d’oro. Fin nei più piccoli paesi del Nuorese, parlando con contadini che sono stati combattenti della Grande Guerra si sente che questo Prefetto è per loro come un generale capace di portarli alla vittoria. Egli ha disposto che fino i più lontani paesi scaglionati sulle selvose pendici del Gennargentu abbiano il loro asilo per l’infanzia. già ha dato inizio alla costruzione di scuole, di strade e di acquedotti. L’atto gentile, che ha profondamente toccato il cuore di questo popolo, è stata la costruzione di una bettonata in cemento, ad Oliena, fuori dalla chiesa. Là dove prima sulla polvere, alla domenica all’uscita dalla Messa, uomini e donne addobbati dei loro ricchi costumi eseguivano il tradizionale balletto. S. E. il Prefetto li aveva visti impolverarsi i panni ricamati ed aveva pensato di far loro questa sensibilissima gentilezza. Sono stato ad Oliena accompagnato da una persona pratica del luogo e lungo il percorso mi sono state indicate le grandi distese dell’olivo selvatico od olivastro che cresce naturale lungo le pendici dell’Ortobene. Questo è un altro Importante problema agricolo dell’isola. Solo nel Nuorese si hanno circa sessantamila ettari ricchi di olivastri; posta una media di cinquanta olivastri ad ettaro si hanno tre milioni di piante che possono diventare tre milioni di olivi. Nelle due altre provincie la situazione è pressappoco Identica. Se venissero praticati gli innesti la Sardegna potrebbe dare alla Nazione un contributo importantissimo a questa produzione.

Costume maschile tradizionale di Nuoro (foto di Gianni Careddu, Wikimedia Commons)

Il Governo Fascista ha già emanato provvide disposizioni per favorire l’innesto degli olivastri ed è stato messo a disposizione della provincia di Nuoro per il 1935-36 un milione, assorbito per la trasformazione di circa tremila ettari con oltre duecentomila olivastri. Tali lavori sono in parte ultimati. Ho potuto vedere una vasta zona selvaggia ridotta a coltivazione con opere in muratura a difesa degli olivastri già incalmati. Ma siccome la proprietà terriera è infinitamente spezzettata, con conseguente inerzia verso le iniziative che richiedono un certo capitale, e siccome manca la gente pratica a questi lavori, sarà ben lenta la totale trasformazione di questa ricchezza naturale a meno che non venga favorito il credito agrario in modo ampio e sollecito.

Oliena ha circa cinquemila abitanti e ha dato centoventiquattro morti per la Patria e circa cinquecento tra invalidi e mutilati. Sono cifre eloquenti e piene di promessa per le battaglie locali in tutti i campi dell’organizzazione su di un piano più elevato. Le stradine odorano di buona legna che arde nei focolari, tutti sono vestiti col costume da Lavoro, vivo di tocchi scarlatti tra il bianco e il nero. Certi giovani pastori portano casacche di pelle di capra, una campana suona ogni tanto. Entriamo in molte case, tutti ci vogliono invitare ad assaggiare il loro vino che è straordinario, ci mostrano i loro vestiti da festa, la loro casa, il letto sardo fatto come una grande culla e ci ritorna l’immagine degli enormi bambini, si parla dei raccolti, del loro sistema di lavorare i campi.

Pecore a Lula, in provincia di Nuoro (foto di Rafael Brix, Wikimedia Commons)

La pastorizia è la base maggiore della vita agricola sarda, con ottima produzione di formaggi, ricercati specialmente in America; altri importanti ricavati sono la lana e i carnami. Gli animali vengono lasciati liberi sui pascoli e questi dopo un periodo di cinque anni vengono messi a frumento o ad altri cereali. La concimazione viene tutta eseguita nel periodo che il terreno è a pascolo dagli animali stessi. Data la mancanza di strade e date certe condizioni speciali di tutti i trasporti in genere, l’uso dei fertilizzanti industriali è pressappoco proibitivo venendo qui ad aumentare il costo di oltre il cinquanta per cento. Uso che sarebbe tanto provvidenziale sia per aumentare la produzione dei foraggi, sia degli altri raccolti. Mentre si parla, mi accorgo che nell’atrio della casa vi è un aratro moderno, lo indico, il contadino mi dice: «Sono solo tre anni che me l’hanno fatto conoscere». E penso che poco prima avevo visto erpicare le terre per il frumento con poche rame di olivastro. ln un negozio vediamo le pompe per zolfare le viti, il contadino le tocca e le guarda con ammirazione. «Duce, è l’ora». «Rinnoveremo l’eroismo della Brigata Sassari». Queste parole che ho letto a Nuoro mi riecheggiano come una canzone: qui è il luogo della nuova battaglia.

Giovanni Comisso.

da la Gazzetta del Popolo del 20/12/36

Immagine in evidenza: Centro storico di Nuoro (foto di ElfQrin, Wikimedia Commons)

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