La casa dei bambini. Isabella Panfido intervista Michele Cocchi

Michele Cocchi è psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza. Il suo romanzo ‘La casa dei bambini’, Fandango edizioni, è il vincitore nella sezione narrativa del Premio Letterario Comisso 2018.

La vicenda narrata, di forte impatto emotivo, è restituita in una lingua di grande autenticità, controllata eppure simpatetica. Ambientato in un orfanotrofio di cui si omettono coordinate geografiche e temporali, il romanzo centra la vita di un piccolo gruppo di bambini, seguendone i risvolti caratteriali nella quotidianità. Nella seconda parte il libro sostiene una vera e propria cesura: la storia di un non definito ‘fuori’ porta  sciagura, violenza, disordine. I ragazzi, cresciuti, si disperdono e solo alcuni di loro si ritroveranno in ciò che era la loro ‘Casa’.

Chiediamo all’autore quanto la sua professione di psicoterapeuta ha inciso nella scelta dei temi e toni del romanzo.

“Moltissimo, il mio lavoro mi porta a incontri di vicende drammatiche della prima infanzia e della adolescenza; nel caso specifico l’ispirazione deriva da un caso, che ho seguito per anni, di un bambino ucraino adottato da una famiglia italiana. La sua ‘casa dei bambini’, l’istituto al quale era stato affidato, ha formato l’imprinting emotivo del bambino, con tutto ciò che questo comporta, nel bene e nel male”.

Lei parla anche di esperienze positive che avvengono in quel ‘dentro’ così diverso che è l’orfanotrofio.

“Certamente; gli incontri, i contatti con figure dell’accudimento ma anche – e forse soprattutto- con gli altri bimbi inducono degli stati affettivi che diventano poi un deposito emotivo al quale attingere nel futuro, un porto sicuro nel quale rifugiarsi.”

Nel suo libro, la casa accoglie orfani che hanno una vaga memoria del passato familiare, alcuni portano traumi e lutti, eppure ognuno di loro riesce a stabilire un legame affettivo valido.

“Ho voluto sottolineare la necessità ma anche la positività dei rapporti di gruppo: la relazione con l’altro è quella che ci determina. Quando nasciamo ci agganciamo con gli occhi all’altro, quello è il primo linguaggio, solo attraverso lo sguardo dell’altro un essere umano diventa individuo. Se è vero che uno dei valori culturali novecenteschi è l’autoaffermazione, è altresì vero che il nostro essere è ‘con’ l’altro.”

Nella casa ci sono bambini molto diversi tra loro, generosi o malevoli, coraggiosi o pavidi, sinceri oppure bugiardi. Quanto l’ambiente determina il carattere?

“Difficile imputare nelle misure esatte quanto le precondizioni caratteriali di nascita influiscano sullo sviluppo del carattere e quanto invece l’ambiente lo determini, ma personaggio come Dino o Giuliano, bimbo generoso e fantasioso il primo e saggiamente misurato il secondo, nella crescita restano fedeli alle premesse, tanto che Dino lavorerà in un circo e Giuliano diventerà un politico, in quel disordine esterno, indefinito ma minaccioso, che è metafora della vita adulta.”

Come vede i bambini di oggi dal suo osservatorio?

“Iperprotetti da genitori iperansiosi, i bambini di oggi sono spesso schiacciati da aspettative eccessive, da attese di performance di eccellenza; quando affrontano  il ‘fuori’, cioè la vita, spesso non si sentono all’altezza e perciò si ritirano in un mondo virtuale”.

Il suo libro è adatto anche a lettori giovani?

“ Ho avuto molte soddisfazioni dai ragazzi: ho presentato il libro in parecchie scuole e in ogni occasione ho percepito un brulicare di idee, obiezioni, emozioni di grande vivacità. I ragazzi che riflettono sull’infanzia e sulla adolescenza  hanno voglia di ‘sbottonarsi’ anche pubblicamente, cosa che altrimenti avviene di rado.”     

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