Recensioni a “I pionieri” di Luca Scivoletto

“I Pionieri” di Luca Scivoletto

Se si potesse dare un titolo alternativo a questo libro, parafrasando il film del 2003 di Wolfgang Becker si chiamerebbe “Good Bye, Berlinguer!”. Perché I Pionieri di Luca Scivoletto tratta di questo: l’addio difficile al comunismo in Italia. Nella Sicilia tra gli Anni Ottanta e Novanta, dalla fine della segreteria di Enrico Berlinguer alla “Svolta” di Achille Occhetto, Enrico Belfiore, figlio di Michele, ex sindaco del Paesone che mira alla segreteria regionale del PCI, sente stretta quella famiglia che sacrifica tutto per il Partito, che non ha mai fatto una vacanza al mare, che usa la macchina in comunione con tanti altri compagni e che non vuole conformarsi agli altri. E così decide di emanciparsi dalla vita da comunista: le Reebok, le partite di calcio con i figli dei democristiani, Ritorno al Futuro, la musica dei Duran Duran, fino a litigare con Renato Magenta, suo amico fraterno e fervido sostenitore del comunismo.Tuttavia, il comunismo sembra non abbandonare Enrico, al punto che, a seguito di un litigio con i suoi genitori, decide di scappare a Monte San Giuliano con Renato, rifondando i Pionieri del Reparto Antonio Gramsci, gli stessi guidati dal padre di quest’ultimo, Pietro, nel 1951, e arrivando addirittura, in maniera molto comica, a issare la bandiera comunista alla Base della Nato.Una scrittura ironica e fluida è quella che caratterizza l’opera prima del regista e sceneggiatore siciliano Luca Scivoletto, che non scrive un semplice romanzo di formazione, bensì un romanzo sulla nostalgia del passato, in cui i protagonisti per l’ultima volta vogliono rivivere lo spirito di unione e solidarietà rappresentato dal comunismo, che assurge a simbolo di una gioventù e di un mondo sulla via del tramonto da cui diventa difficile separarsi.«Fu proprio quella volta, mentre piombava sul marciapiede dando un ultimo sguardo alla bandiera rossa mossa dal vento, che Enrico Belfiore prese consapevolezza che la sua non sarebbe stata una vita come le altre.»

Alberto Paolo Palumbo

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