Recensioni a “La bambina che assomigliava alle cose scomparse” di Sergio Claudio Perroni

“La bambina che assomigliava alle cose scomparse” di Sergio Claudio Perroni

Pulce è una bambina vivace di 7 anni, che, come le dicono i genitori o la nonna, non è mai come il fratellino “che è così buono” (9), come la sorellina “che è così brava” (9) o come i cuginetti “che sono tanto educati” (10). Così, “stufa di sentirsi dire che doveva essere come qualcun altro” (11), un giorno va via da casa, per “starsene in santa pace e sgranchirsi le idee” (13). Nel suo cammino senza meta Pulce incontra molti personaggi, che hanno un elemento in comune: persone, animali, pietre, acqua, nuvola, emozioni, tutti hanno perduto qualcosa e ne soffrono profondamente. Lei si ferma, fa domande e scopre di poter diventare identica a tutto ciò che sembra perduto per sempre. In questo modo la bambina asciuga le lacrime di chi soffre e restituisce la felicità a tutti e tutto, entrando in sintonia con il mondo intero grazie alla sua straordinaria dote di empatia. Alla fine della sua breve avventura Pulce tornerà dai suoi cari, “afflitti perché temevano di averla perduta per sempre.” (160): “finalmente [è] libera di assomigliare a se stessa e diventare esattamente com’era.” (163). Un po’ Alice, un po’ Candide, un po’ Piccolo Principe, Pulce parla a tutti i lettori, grandi e piccini, con un linguaggio fluido, mimesi del fanciullo che sopravvive in noi, ma ricco di immagini indimenticabili (es. “gli occhi color tatuaggio”, 9) e note di saggezza universale (es. “l’amore è una strana sostanza, miracolosa quando si è in due ma letale quando si resta soli”, 76).

Nadia Gambis

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