Sei libri di poesia per il Natale 2020 - I suggerimenti di Giovanna Frene

Sei libri di poesia per il Natale 2020 – I suggerimenti di Giovanna Frene

Margaret Atwood, Paul Celan, Luciano Cecchinel, Louise Glück, Cees Nooteboom, Laura Pugno: sono i sei poeti scelti da Giovanna Frene – poeta e critica letteraria – per allietare questo Natale 2020 diverso dal solito, un modo per riportare la cultura alta al centro della nostra vita.
Sei autori con i rispettivi volumi e una poesia estratta da ognuno di essi.
Suggerimenti per un regalo natalizio per i nostri cari e per noi stessi.
Come consiglia Giovanna Frene: “Per Natale si può pensare di regalare un libro di poesia, cioè un compagno che duri a lungo e che riscaldi cuore e mente“

Margaret Atwood, “Brevi scene di lupi”, traduzione di Renata Morresi, Ponte alle Grazie 2020

ALLA CONFERENZA SULLA TRADUZIONE

Nella nostra lingua
non esistono parole per lui o lei
o suo o sua.
È utile mettere una gonna o una cravatta
o qualcosa del genere
sulla prima pagina.

In caso di stupro utile anche
sapere l’età:
bambina? anziano?
Così da impostare il tono.

Inoltre siamo privi del tempo futuro:
quello che accadrà sta già accadendo.
Si può aggiungere una parola come Domani
oppure Mercoledì.
Capiremo il senso.

Queste parole sono per le cose che possono essere mangiate.
Le cose da non mangiare non hanno parole.
Che cosa ve ne fareste del loro nome?
Il nome è per le piante, gli uccelli,
e i funghi usati nel malocchio.

Da questa parte del tavolo
le donne non dicono No.
Esiste una parola per dire No, ma le donne non la dicono.
Sarebbe sgarbato.
Per dire No, potete dire Forse.
Vi capiranno,
quasi sempre.

Da quella parte del tavolo vi sono sei classi:
non nati, defunti, vivi,
cose da bere, cose da non bere,
cosa che non possono essere dette.
È una parola nuova o una parola vecchia?
È obsoleta?
È formale o familiare?
Quanto è offensiva? In una scala da uno a dieci?
L’avete inventata?

All’estremità del tavolo
proprio vicino alla porta,
sta chi maneggia materiali ad alto rischio.
Se traducono la parola sbagliata
potrebbero morire
o finire in prigione.
Non c’è una lista dei pericoli.

Lo scopriranno solo dopo,
quando potrebbero non fare più caso
alla gonna o alla cravatta
o al poter non dire No.
Nei caffè si siedono in un angolo,
le schiene contro il muro.
Quello che accadrà sta già accadendo.

Paul Celan, “L’antologia italiana”, cura e traduzione di Dario Borso, Nottetempo 2020

MANDORLA

Nella mandorla – cosa sta nella mandorla?
Il nulla.
Sta il nulla nella mandorla.
Lì sta e sta.

Nel nulla – chi sta lì? Il re.
Lì sta il re, il re.
Lì sta e sta.

Ricciolo d’ebreo, non diventi grigio.

E il tuo occhio – dove sta il tuo occhio?
Il tuo occhio sta contro la mandorla.
Il tuo occhio, contro il nulla sta.
Sta per il re.

Così sta e sta.

Ricciolo d’uomo, non diventi grigio.
Mandorla vuota, blu regale.

Luciano Cecchinel, “Da sponda a sponda”, Arcipelago Itaca 2020

BAMBINI

Qui la carrozzina con cui mamma
– l’avevo vista nella foto slavata –
giocava bambina
con i doni di Santa Claus
non sapendo di san Nicolò

she sings like a bird amongst the leaves
her soul swims on waves of dreams
then she appeases she flies on angels wings

da qui a piangere a morire
i tuoi soldati bambini
in risaie in foreste lontane
senza la smorfia o il sorriso
di allora sulla cima italiana
con i colpi che schizzavano paura
in volteggianti siderei aghi
su dalla pozza ghiacciata
fin sul primo tenue
volto della luna

they sing like the birds amongst the leaves
their souls swim on waves of dreams
the they appease they fly on angels wings
Byesville, Ohio 1984

Louise Glück, “Averno”, traduzione di Massimo Bacigalupo, Il Saggiatore 2020

OTTOBRE

4.
La luce è cambiata;
ora il do centrale ha un suono più cupo.
E le canzoni del mattino suonano troppo studiate.

Questa è la luce dell’autunno, non la luce della primavera.
La luce dell’autunno: non sarai risparmiata.

Le canzoni sono cambiate; l’indicibile
vi è penetrato.

Questa è la luce dell’autunno, non la luce che dice
sono rinata.

Non l’alba della primavera: ho faticato, ho sofferto, sono
stata liberata.
Questo è il presente, un’allegoria dello spreco.

Quante cose sono cambiate. Eppure, sei fortunata:
l’ideale brucia in te come la febbre.
O non come la febbre, come un secondo cuore.

Le canzoni sono cambiate, ma davvero sono ancora assai
belle.
Sono ridotte a uno spazio minore, lo spazio della mente.
Sono cupe, ora, di desolazione e angoscia.

Eppure le note ricorrono. Sono stranamente sospese
In previsione del silenzio.
L’orecchio ci si abitua.
L’occhio si abitua alle sparizioni.

Non sarai risparmiata, né ciò che ami sarà risparmiato.

Un vento è venuto e passato, smontando la mente;
ha lasciato nella sua scia una strana lucidità.

Quanto sei privilegiata, ad aggrapparti ancora con passione
a ciò che ami;
la rinuncia alla speranza non ti ha distrutto.

Maestoso, doloroso:

Questa è la luce dell’autunno; si è volta su di noi.
Di certo è un privilegio avvicinarsi alla fine
ancora credendo in qualcosa.

Cees Nooteboom, “Addio”, traduzione di Fulvio Ferrari, postfazione di Andrea Bajani, Iperborea 2020

Teste io ho visto, innumerevoli teste,
generali, amanti, viaggiatori
tra le stelle. Ogni testa la sua
storia, nascosta nelle pieghe

del cervello, lungo sottili fiumi
di sangue, canneti sulle rive, paesaggi
segreti cui nessuno può accedere,
tranne un airone solitario,

che tutto può udire, pensieri
nascosti, desideri. L’airone solitario
ero io, e solo accanto all’acqua
annotavo quel che vedevo, che sentivo
testa dopo testa.

Laura Pugno, “Noi”, Amos Edizioni-A27 poesia 2020

OLTRELONTANO

cerca il giorno nel bosco, leggi
le tracce di sole sulla corteccia degli alberi,
quello che sbianca e brucia,

sei il ragazzo,
la ragazza –

l’istante prima di perdersi nel bosco,
di voltarsi
tra due luci,
si accendono insieme, quella
alle tue spalle –

non più
cesserà di splendere, è perduta
l’istante del tuo passo, e per questo
questo solo, brucia
ancora e ancora, ma tu
non puoi tornare –

e quella in fondo,
luce-incendio vero, o candele
nascoste da alberi,
occhi o capelli che ricordi scuri,
eppure tu

che puoi decifrare il segnale, non sai

che sono la stessa in un istante

di tempo oltrelontano: vai,
vieni, la notte si richiude,

il ragazzo,
la ragazza attraversata dalla luce –
ombra
in forma di fulmine –
e tu faggio,
betulla nera,

la luce ti cola dalle mani

in forma di parole con metallo,
brunito ai bordi,
portato a incandescenza,
a oscurità: dirai e diranno,
ripetendo,
(mercurio vivo)

non avrai casa, è ora di andare,
sarà sempre,
la stessa ora fino all’ultima,


la casa –
comune ora – completamente aperta. Noi saremo
coperti dalle voci che ora parlano
di te, contro la porta

da dove s’intravede la distanza, un sì
di cielo o fiume, azzurro, verde-oscuro,
portando la corrente: lascia andare,
anche questa parola, brucerà con le altre

Immagine in evidenza: foto di Daria Shevtsova da Pexels

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