Un uomo ha vinto la natura - Il viaggio in Carnia di Giovanni Comisso

Un uomo ha vinto la natura – Il viaggio in Carnia di Giovanni Comisso

Alberto Samassa, uscito dal carcere, smise di fare il commerciante e si dedicò all’agricoltura. Per le nuove generazioni vale più di tanti libri.

Tolmezzzo, maggio.
Al principio della valle del But, poco dopo Tolmezzo, vi sono due case nuove col tetto aguzzo alla maniera austriaca, mi avevano detto che dovevo fermarmi e vedere quello che Alberto Samassa era riuscito a fare. Appena arrivai alla prima casa vidi un uomo che lavorava nel letamaio e gli chiesi se era il padrone. Era lui, e soggiunsi che desideravo vedere la sua terra di cui mi avevano parlato.

Non ebbe un attimo di sorpresa, nè di diffidenza verso l’estraneo. Depose la forca e con un sorriso franco mi disse che subito mi avrebbe fatto vedere quello che aveva fatto.

Non volle sapere il mìo nome, lo scopo delia mia curiosità, era un uomo molto esperto d’uomini e di paesi stranieri: egli avena capito al fiuto che con me non aveva nulla da temere e nulla da perdere.

Era un uomo sui settantanni, asciutto, rossigno, con lo sguardo centrato e intelligentissimo, vestiva con quella noncuranza di chi ha un’idea dominante, un berretto in testa e un fazzoletto attorno al collo.

Illegio, Agricoltura, Comune di Tolmezzo (foto di Naturpuur, Wikimedia Commons)

Volle Invece subito parlare di se stesso come avesse compreso tutta la mia curiosità:

”Io ho cominciato a fare la prima elementare andando a pascolo con le pecore, alla seconda andavo a pascolo con i vitelli e alla terza andavo a pascolo con le vacche”, incominciò a dire per farmi sapere che nella sua infanzia aveva trovato modo dì studiare e di lavorare nello stesso tempo.

Poi partii subito per l’estero, sono stato in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Svizzera, in Austria a fare tutti i mestieri: il muratore, il falegname, il contadino, parlo il francese, il tedesco; l’inglese e nel passare da un paese all’altro ho sempre osservato, perchè volevo imparare quello che è utile.

Intanto che parlava ci si avviava verso i campi che si stendevano lungo il torrente.

Sono ritornato in Italia per fare il soldato e ho dovuto fare la guerra ma, dopo, sono subito ripartito per l’estero, perchè qui credevo che non vi fosse nulla da fare. Purtroppo un’altra guerra mi ha riportato al mio paese e, per tirare avanti, ho deciso dì fare il commerciante, ma non era per il mio temperamento, io sono una testa calda, e col commercio in tempo di guerra v’era troppo da rendere conto alle autorità: io ho risposto male e sono finito in galera. Quando sono uscito non ho più voluto fare il commerciante e, visto questo posto, l’ho voluto comperare sebbene tutti mi dicessero che ero un pazzo. Ma io avevo studiato il mio piano.

Eravamo giunti in un luogo dominante e mi indicò la zona: da una parte vicino alle case si vedevano alcuni campi bene ordinati dove un contadino spargeva il letame, altri verdeggiavano di erba medica, tutti cintati da vigneti che splendevano nelle nuove foglie e da filari di frutteti. Da un’altra parte sì stendevano appezzamenti di terra incolti, chiusi da basse dighe dai quali sembrava che l’acqua si fosse ritratta da poco e, oltre, il terreno si stendeva sassoso tra gli sterpi.

Egli allora mi disse che tutta la sua terra, appena comperata, era come questo terreno ultimo. Con pochi uomini aveva sradicato gli sterpi e tolto ì sassi poi, fatta una diga, vi aveva deviato un corso d’acqua vicino che, allagando il terreno, vi aveva portato su di esso quella terra che oggi già rinverdiva di messi. In seguito aveva ottenuto gli altri campi, sempre facendo lavorare l’acqua e tra poco tutto il terreno comperato sarebbe stato una rigogliosa campagna di sei ettari.

Tolmezzo, Provincia di Udine (foto di iw3rua, Wikimedia Commons)

Era stato miracoloso, faceva pensare a quei profeti che le antiche storie dicono abbiano fatto scaturire l’acqua dal deserto e la manna dal cielo.

Sul terreno ancora incolto un uomo stava togliendo i sassi e un altro faceva minuziosamente la bassa diga che avrebbe dovuto trattenere le acque, nuovamente deviate, quel tanto per portare il terriccio fecondo.

Il suo scopo era di potere avere prati sufficienti per tenere almeno quattro animali, perché avendo questi, oltre al latte e ai vitelli, avrebbe avuto il letame per migliorare di continuo il terreno. Da quattro anni aveva cominciato il lavoro e nel prossimo sarebbe terminato.

Mi mostrò un filare di viti di tre anni prodigiosamente sviluppate, contrariamente a quanto mi avevano detto che in quella terra stentavano, e anche i frutteti erano ben cresciuti. Ma egli aveva fatto le piantagioni con quell’arte imparata in altre terre, osservando.

Passammo alle case, una era l’abitazione e l’altra la stalla col fienile. Era la stalla nuova, quella che attendeva di essere riempita.

Tutto era accuratamente studiato. Il letame, con una semplice spinta, sarebbe passato dalla stalla in una grande pozza dì cemento esterna; per altro foro tutto il colaticcio sarebbe sceso in altra pozza: nulla sarebbe andato perduto.

Dal fienile soprastante il fieno sarebbe calato nelle mangiatoie. Il tetto aguzzo non avrebbe trattenuto la neve

Nella casa tutto era in ordine, ogni utensile aveva il suo posto, la legnaia era riparata da una tettoia, la cantina stava sottoterra e vi si scendeva per un botola dalla cucina. Tutto era perfetto e, nella cucina, non vi era finalmente quel tradizionale focolare carnico, coi grandi alari e le panche attorno, che mi era riescito come la sola creazione perfetta che questo paese sappia fare. Ogni trattoria o albergo mi aveva, fino da Udine, stancato con l’angolo del focolare, ne sentivo tutta la retorica e la falsità d’una ricostruzione retrospettiva.

Quest’uomo dimostrava che con la sua astuzia verso la natura, l’aveva dominata, asservita e aveva compiuto il miracolo tra il tradimento degli altri uomini che se ne andavano all’estero per non lavorare la propria terra, e lo schiavismo degli invalidi che rimanevano lavorando ciecamente senza industriarsi per un miglioramento di loro stessi e della terra. Egli aveva, dimostrato che quando si sa fare, molto si può ottenere e senza tanta fatica.

Tolmezzo (UD), il Monte Strabut (da Wikimedia Commons)

Da solo, coi suoi soli mezzi, da un greto di torrente aveva fatto scaturire sei ettari di terra ottima. Alberto Samassa è un esempio meraviglioso per la Carnia, ma anche per tutta l’Italia e, da solo, vale per le nuove generazioni più dì tanti libri di scuola: egli ha veramente insegnato all’uomo a liberarsi dalla miseria, a tramutare una terra avara in generosa e senza farsi opprimere dalla fatica. Terra avara, avaro anche l’uomo; terra divenuta generosa, generoso anche l’uomo.

Dìfatti egli, prima che ripartissi, a me che ero venuto infine a fargli perdere il suo prezioso tempo, volle offrire una bottiglia del suo vino e fu la prima offerta ospitale che mi venne fatta in Carnia. Ed era ottimo. Gli chiesi se, nel farlo, toglieva il graspo dai chicchi, mi disse che gli sarebbe occorso la macchina. Allora gli insegnai che, con una rete metallica tesa su di un telaio, sopra la tinozza, si poteva fare ugualmente. Ebbe una gioia nello sguardo e assicurò avrebbe fatto così. Egli, nella sua vita, aveva appreso ancora e ne faceva direttamente tesoro.

Ma la sua grande generosità apparve quando disse che non aveva figli e tutto il suo lavoro lo aveva fatto per il gusto di stare a questo mondo. Bonificato tutto il terreno lo avrebbe affittato e si sarebbe ritirato a vivere a Tolmezzo, solo soddisfatto di avere dimostrato quello che si poteva fare nell’arida Carnia.

Giovanni Comisso

da Milano Sera del 13-14/05/1950.

Immagine in evidenza: Illegio (Tolmezzo), vista panoramica con la Pieve di San Floriano sullo sfondo (foto di Naturpuur, Wikimedia Commons)

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