"Mia sorella" di Fosca Salmaso: l'attesa prima della tempesta. Recensione e intervista

“Mia sorella” di Fosca Salmaso: l’attesa prima della tempesta. Recensione e intervista

Nell’ultimo periodo sono molte le opere prime di autori e autrici venete a essere state pubblicate da editori di prestigio. Cosa che fa ben sperare per il futuro della narrativa della nostra regione. Una delle opere in questione è l’esordio di Fosca Salmaso, scrittrice veneziana classe ’96 che ha da poco pubblicato il suo romanzo “Mia sorella” con l’editore milanese Il Saggiatore.

La storia raccontata da Fosca Salmaso segue da vicino le vicissitudini di una madre e di una figlia che vivono da sole in un appartamento in un’isola di cui non si conosce il nome. Alla base di questa relazione c’è un tragico lutto che ha colpito la famiglia e che l’ha disgregata.

Alice e Matilde sono due sorelle gemelle, durante i festeggiamenti per la Festa del sole Matilde annega e Alice si salva. Alice però era già la figlia problematica, la figlia in più, quella che, pensa Alice, sarebbe dovuta morire al posto della sorella. L’evento porta all’allontanamento del padre, mentre la madre si richiude in un mutismo fatto di astio nei confronti di Alice e di rimpianti per non essere stata in grado di prevenire la morte della sorella brava e buona.

Nel periodo in cui si svolge la storia l’isola tutta si prepara alla tempesta. Ogni anno, nello stesso periodo, una tempesta spaventosa si abbatte sugli abitanti isolandoli completamente dalle altre isole che compongono questo ipotetico arcipelago. Quando la tempesta finalmente passa l’isola festeggia la rinascita con la Festa del Sole. Da quando Matilde è annegata non c’è, per Alice e la madre, ragione di festeggiare assieme agli altri abitanti.

Le cose però possono cambiare. All’improvviso, quasi dal nulla, spunta una nuova bambina nella classe di Alice. Il suo nome è Egle. Alice non può fare a meno di notare una certa somiglianza con la sorella defunta, ma a noi non è dato sapere completamente se quella somiglianza è solo immaginata, desiderata anche, o se davvero le due bambine hanno tratti somatici in comune. Quello che succede e che spariglia le carte è che Egle è costretta a fermarsi da Alice e sua madre perché durante una sua visita sopraggiunge la tempesta. A poco a poco Egle saprà impossessarsi della fiducia di madre e figlia, saprà impossessarsi dei segreti di Alice e degli spazi in cui vaga il fantasma di Matilde, ma tutto ciò sembra sottendere a una strategia che di limpido non ha nulla.

Se dovessi identificare in modo sintetico il nucleo di questo romanzo che reputo anche essere il suo punto di forza direi che ha a che fare con il modo in cui Fosca Salmaso è riuscita a creare un senso di minaccia avvolgente che pervade tutto il suo romanzo. Fin dalle prime battute il lettore è in attesa che la tempesta si manifesti e si scagli contro l’isola. L’arrivo di questo fenomeno naturale però è più minaccioso per il lettore di quanto lo sia per i personaggi all’interno del romanzo. La tempesta, ormai da tempo immemore, arriva, conquassa e poi se ne va, per lasciare spazio al sole. E dunque il secondo elemento che sostiene quest’ansia asfittica, l’arrivo di Egle, dei suoi occhi in grado di mentire, del suo muoversi troppo a suo agio in uno spazio claustrofobico. Quel tipo di minaccia diventa imprevedibile sia per noi lettori che per gli stessi personaggi perché, al contrario della tempesta, potrebbe decidere di non passare mai.

Fosca Salmaso dipinge un’isola, ma forse è meglio dire un sistema di isole, che ricorda a tutti gli effetti la Laguna veneziana, ma che a ben guardare sembra più una copia costruita attorno ai ricordi della scrittrice. Ed è questo un altro valore aggiunto di questo romanzo, lo spaesamento che dà il leggere una storia ambientata in un luogo familiare che però differisce di numerosi piccoli particolari e che sembra essere stato costruito con l’esatta intenzione di fare un palcoscenico ai personaggi. Venezia viene dunque destrutturata e ricostruita in base alle necessità della storia.

Quello di Fosca Salmaso è senza dubbio un ottimo esordio e da questa scrittrice non possiamo che aspettarci cose egregie.
Gianluigi Bodi

L’intervista

[Gianluigi Bodi]: Le protagoniste principali di questo libro sono intrappolate all’interno di un appartamento durante una tempesta che si abbatte sull’isola dove abitano. In che modo hai lavorato per perfezionare il senso di claustrofobia che hai creato nel tuo romanzo?

Fosca Salmaso

[Fosca Salmaso]: Ambiento spesso le mie storie in atmosfere claustrofobiche, e sapevo da subito che le avrei trasportate anche in questo romanzo. Sapevo che le mie protagoniste sarebbero state confinate, confinatrici, o entrambe le cose. Volevo esplorare la linea che separa tra queste due condizioni: Alice, Egle e la madre sono tutte rinchiuse nella casa, ma chi per costrizione? E chi per scelta? Uno dei temi del romanzo è proprio il ribaltamento di questi due aspetti, che si intrecciano tra loro finché diventa chiaro che per tutte loro l’isolamento è sofferto, sì, ma anche necessario. Difficilmente l’elaborazione di un lutto può esimersi dal fare i conti con la propria oscurità.

Tra gli elementi che ho inserito nel romanzo per accentuare il senso di claustrofobia e soffocamento ci sono il calore insopportabile che regna nella casa e gli oggetti che la riempiono. Tantissimi oggetti. Tenevo molto a osservare il rapporto che le protagoniste avevano con essi, capire fino a che punto si identificassero in loro, e a vederle poi liberarsi di questo eccesso, di questi fantocci, in modo sempre più drastico.

Il senso ultimo della tempesta è quello di essere metafora di una minaccia che è attesa ma di cui contemporaneamente si riescono a vedere gli effetti negativi e la loro fine. C’è un aspetto della vita reale che ti ha influenzato in questo senso?

Più che da un aspetto concreto o una situazione specifica, credo di essere stata influenzata da uno stato d’animo ricorrente. Vivo spesso una sensazione di minaccia, anche esagerata, di fronte a normali situazioni della vita quotidiana – è sufficiente che il campanello suoni senza che io aspettassi qualcuno, l’atteggiamento scontroso di un negoziante. Eppure non mi reputo una persona timorosa, non lascio che questo disagio mi limiti.

Nella mia prima idea del romanzo, anziché una tempesta, a tenere le protagoniste rinchiuse nella casa era un’acqua alta eccezionale, che rifiutava di calare. L’Acqua Granda che ha sommerso Venezia nel 2019 è avvenuta quando ormai avevo già ultimato la prima stesura del romanzo, quindi non posso dire che mi sia stata d’ispirazione, ma di sicuro ho sentito un legame tra Mia Sorella e l’ostilità di quell’evento.

A differenza dell’Acqua Granda, però, non necessariamente la tempesta del libro è una minaccia. Lo è per la madre di Alice, che lega quella ricorrenza al momento più traumatico della sua vita. Non lo è per sua figlia che, al contrario, la vede inizialmente come un’opportunità. La tempesta può anche rappresentare un rifugio, un tempo in cui staccare da tutto e restare con sé stessi.

Insomma, per me era importante che nel romanzo si avvertisse un’incombenza sinistra, ma non saprei descrivere una situazione reale che la rappresenti. Le minacce collettive e inequivocabili esistono eccome, ma hanno poco a che fare con la mia storia, in cui invece la minaccia è soggettiva: non ha forma, non ha volto, esiste solo per chi la vede come un ostacolo alla propria guarigione.

Il tuo è un romanzo senza dubbio a tinte femminili. I personaggi principali sono donne e il padre si vede solo in un determinato momento. All’interno della storia qual è il ruolo che hai confezionato per il padre? È un traditore? La testimonianza che c’è qualcosa oltre la fine?

Il personaggio del padre compare fisicamente solo alla fine, ma in realtà è presente sin dal primo capitolo. Quando conosciamo la protagonista, Alice, la troviamo impegnata a scrutare fuori dalla finestra, osservando le persone che affollano la pasticceria di fronte a casa sua. Il suo guardare fuori non dipende solo dalla sua volontà di evadere dalla casa-mausoleo in cui è rinchiusa, dove il tempo sembra non passare mai; Alice, in questa scena, sta cercando suo padre. Cerca di riconoscerlo tra i clienti della pasticceria, ma tutti gli uomini che scorge hanno altre famiglie. Famiglie che, almeno all’apparenza, non sono spezzate come la sua.

Dopo la morte della figlia Matilde, il padre reagisce al lutto in modo opposto alla moglie. Se la donna rimane ferma a quell’evento – e da allora vive rievocando il passato, rifiutando di progredire e costringendo tutto il resto della famiglia a quell’impasse -, il padre sente invece la necessità di andare avanti, di allontanarsi dal fantasma che ormai infesta la sua casa. Quindi quella casa la lascia, insieme alle persone che ci rimangono dentro.

Per quanto lo sguardo di Alice e della madre sembri giudicarlo, nessuno può dire quale sia il modo giusto di comportarsi di fronte a eventi del genere. Una cosa però è certa: la scelta dell’uomo ha implicato che il carico emotivo – non ultimo quello di crescere la figlia rimasta in vita – sia rimasto sulle spalle della madre.

Per questo risponderei che no, il padre non è un traditore, ma un personaggio che le sue necessità hanno reso egoista. E non è nemmeno la testimonianza che ci sia qualcosa oltre la fine, se con questo termine intendiamo la fine della storia: non credo che Alice e il padre si rivedranno.

Se invece, per fine, intendiamo quella di Matilde, allora sì, il padre è la prova che si può andare oltre. Mostra infatti ad Alice che, anche dopo tale lutto, è possibile cambiare completamente la propria vita anziché restare fermi al giorno della disgrazia. Per Alice, che l’aveva idealizzato, scoprire chi è veramente sarà una grossa delusione, ma anche una spinta a tornare alla realtà, perdonare la madre e ricominciare.

Quali sono le opere che ti hanno influenzato sia nella progettazione della tua storia che nella sua scrittura?

Quando ho cominciato a scrivere questo libro pensavo all’opera di Shirley Jackson, scrittrice che amo tutt’ora, ma molti altri romanzi mi hanno aiutata a dargli la sua forma definitiva. I più importanti sono stati Amatissima di Toni Morrison, Il corpo che vuoi di Alexandra Kleeman e Rebecca di Daphne du Maurier. In generale mi hanno accompagnata i romanzi in cui compaiono fantasmi non canonici, presenze al contempo reali e non. Anche Mia Sorella, in fondo, è una storia di fantasmi.

Fosca Salmaso – Mia sorella
Editore: Il Saggiatore (21 aprile 2022)
Lingua: Italiano
Copertina flessibile: 208 pagine
ISBN-10: 8842829935
ISBN-13: 978-8842829935
Peso articolo: 290 g
Dimensioni: 14.6 x 1.6 x 21.6 cm

Fosca Salmaso è nata a Venezia nel 1996. Nel 2016 si è trasferita in Inghilterra e poi, per studio, a Torino. Nel 2022 ha pubblicato per Il Saggiatore il suo romanzo d’esordio, Mia Sorella, e nello stesso anno è tornata a vivere nella città natale, dove sta scrivendo il secondo romanzo.

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