Natale Mazzolà e Maria Calzavara

Natale Mazzolà (Treviso 1892 – Treviso 1975) apparteneva ad una buona famiglia della borghesia trevigiana, di tradizioni risorgimentali mazziniane. Suo nonno, dal quale aveva ereditato il nome, partecipò nel 1848-49 alla difesa di Venezia, combattendo nei forti di Marghera. Il fratello  minore, rifugiato a Torino, si arruolò nell’esercito piemontese e rimase ferito nella battaglia di Novara.

Più tragica la sorte del terzo fratello, Domenico, arrestato nel 1850 dalla polizia austriaca per la sua attività cospirativa mazziniana, e giudicato “soggetto pericolosissimo”, venne imprigionato nel famigerato carcere dello Spielberg, e poi nel castello di Eggenburg, a Gradisca, dove rimase sino al 1866, quando, in seguito all’unificazione del Veneto all’Italia, l’Austria liberò i prigionieri politici italiani. Domenico passò i suoi ultimi anni a Treviso, ormai distrutto nel corpo e nella mente.

Fedele a questa tradizione familiare, il giovane Natale, iscritto al Liceo Canova, fonda assieme ad alcuni compagni di scuola, tra i quali Guido  e Mario Bergamo, un Circolo mazziniano.

Nel 1911 fuggono da casa per andare ad arruolarsi tra i volontari garibaldini che stavano organizzando una spedizione a sostegno degli albanesi insorti contro la Turchia. Rintracciati dalla polizia, vengono rispediti a Treviso.

L’impresa aveva suscitato scandalo tra la buona borghesia cittadina, ma anche ammirazione, particolarmente tra i giovani.

Nell’autunno dello stesso anno, Natale Mazzolà si iscrive a Giurisprudenza a Bologna, assieme a Mario Bergamo. Il fratello Guido sceglie invece medicina.

I due fratelli Bergamo diverranno nel dopoguerra i leader del forte partito repubblicano a Treviso. Antifascisti, subiranno le violenze degli squadristi. Mario Bergamo sarà costretto a fuggire dall’Italia con la moglie e il figliole rifugiandosi a Parigi, dove continuerà la sua attività politica.

Natale Mazzolà non cesserà mai di avere rapporti, sia pure epistolari, con i due fratelli antifascisti.

Nel 1913 stringe un’altra grande amicizia, che sarà fondamentale per tutta la sua vita. Ne sarà tramite il giovane Giovanni Comisso, ancora studente liceale, che gli presenta Arturo Martini.

Natale ricorderà nella sua vecchiaia a Comisso: “Ricordo, come fosse ora, quella mattina del settembre 1913 che tu e Martini appariste nel cortile di casa mia, e io vi conobbi e l’amicizia è durata tutta la vita”.

Nei periodi di vacanza dagli studi a Bologna, Natale frequenta a Treviso Comisso e Martini, stringendo una forte amicizia. Con loro appare una “giovane signorina”, Maria Calzavara (Treviso 1893- Milano 1970), colta e intelligente, appartenente alla buona borghesia cittadina. Suo fratello Flavio diverrà negli anni Trenta regista cinematografico di una certa fama.

Natale e Martini si innamorano entrambi della “giovinetta”, all’insaputa l’uno dell’altro.

Nel 1916 Mazzolà comunica a Martini di essersi fidanzato con Maria Calzavara, scatenando il risentimento dell’amico che in una lettera a Comisso scrive: “Non ho consolazioni di sorta. Mazzolà, anche questo amico, senza volerlo mi ha portato via l’amore: la fatalità ha voluto intrigare due amici”.

Ricorda Mazzolà: “Purtroppo il suo dolore fu aspro e durò lunghissimi anni, e poi, pure dissolto dal volgere del tempo, si mutò in un blando e gentile ricordo”.

Partito per il fronte con il grado di tenente, Natale, in licenza di convalescenza, si ritrova nell’agosto 1917 con Martini a Treviso. Hanno delle lunghe spiegazioni. Martini compone le cheramografie dell’”Istoria d’amore a Nippo: Frontespizio, Idillio, Amplesso, Duello, Commiato, Solitudine, Oblio”.

Il contrasto tra Amicizia e Amore risulterà fatale per tutti e tre i personaggi descritti.

Fortunatamente, la realtà sarà meno tragica! Martini regala una copia della sua opera a Natale,a ricordo del loro contrasto.

Terminata la guerra, Natale, laureatosi in legge, sposa Maria Calzavara e si stabilisce a Milano. Inizia la sua carriera di avvocato che gli procurerà successi e denaro. Si specializza infatti nella legislazione sui brevetti e i diritti d’autore, divenendo l’avvocato di fiducia di alcune delle maggiori industrie italiane.

Continua tuttavia i suoi rapporti con Comisso e Martini,con i quali intreccia una intensa corrispondenza epistolare.

Al loro piccolo gruppo si aggiunge Gino Scarpa (1894-1963), anche lui trevigiano trapiantato a Milano. Di profonda cultura umanistica, scriveva articoli di critica letteraria nel “Corriere della Sera”, e nel “Secolo”. Divenuto capo-redattore de “L’Ambrosiano”, vi introdusse il giovane Guido Piovene, che nel suo “Viaggio in Italia” ne traccerà un magistrale ritratto. Ebbe rapporti di amicizia e collaborazione con Riccardo Bacchelli, con il quale curò un’edizione delle opere inedite del Nievo, e l’edizione critica dei Promessi Sposi e delle Opere del Leopardi.

Si prodigò con la giuria del Premio Bagutta, di cui faceva parte, per segnalare il romanzo di Comisso “Gente di Mare”, che infatti vinse il premio nel 1929.

Amico di Natale e Maria Mazzolà, consigliava quest’ultima nelle letture e nell’acquisto di libri d’antiquariato; in particolare delle prime edizioni e dei manoscritti del Foscolo. La sua raccolta diverrà una delle più importanti d’Italia!

Il loro mecenatismo non dimenticava Martini di cui comperarono diverse opere. Una delle più importanti è la “Pisana”; bronzo del 1928, fusione del 1930.

Alla fine degli anni Trenta, Gino Scarpa, intuendo la tragedia che si stava preparando, abbandona Milano e ritorna a Treviso, affermando che “l’aria di provincia rende più intelligenti!”. Continua naturalmente i rapporti epistolari con i suoi amici “milanesi”.

Dopo l’8 settembre, Natale Mazzolà, coerente con i suoi ideali mazziniani, diventa uno dei dirigenti delle brigate partigiane “Fiamme Verdi” che operavano nel bergamasco e crea la formazione “Vittorio Veneto”.

Narrerà le sue esperienze partigiane nel libro di memorie autobiografiche “Pietro aspetta il sole – Cronache partigiane”, Farri stampatori in Trastevere, 1960.

Per lo stesso editore Maria Calzavara Mazzolà pubblica nel 1964 “Memorie domestiche dei Mazzolà cittadini veneti e muranesi”. Una storia della famiglia Mazzolà dal settecento ai moti risorgimentali del 1848-49.

Particolarmente importante la figura di Caterino Tommaso Mazzolà, vissuto a Venezia negli ultimi decenni del settecento.

Poeta, compose diversi libretti d’opera; il più importante dei quali è “La clemenza di Tito”, musicato da Mozart.

Fu uno dei tanti “avventurieri” veneziani dell’epoca. Conobbe infatti il vecchio Casanova, Lorenzo da Ponte, Salieri, ecc. Nel 1780 si trasferisce a Dresda e diventa “poeta di corte” del re di Sassonia Federico Augusto III. Nel 1796 torna a Venezia, dove muore nel 1806, del tutto sconosciuto.

Il 22 marzo 1947 muore improvvisamente Arturo Martini.

Per i suoi amici è un trauma terribile: sentono che anche la loro vita sta ormai declinando! Si preoccupano pertanto di conservare la sua memoria e, indirettamente, anche la loro.

Il modo migliore è raccogliere in un Epistolario tutte le lettere che Martini ha scritto durante la sua vita.

Se ne occupano in particolare Natale Mazzolà e Gino Scarpa.

Costoro avevano creato nei primi anni cinquanta una raffinata collana di libri, le “Edizioni di Treviso, libreria Canova”, completamente autofinanziata, per non dover accettare nessun compromesso dai vari editori.

Il primo volume pubblicato è GIOVANNI COMISSO, Le mie stagioni, 1951; seguono: FRANCO DE GIRONCOLI, Elegie in friulano, 1951; NOVELLA CANTARUTTI, Puisiis, 1952; L’opera di Gian Francesco Malipiero – Saggi di scrittori italiani e stranieri con una introduzione di GUIDO M. GATTI – seguiti dal catalogo delle opere con annotazioni dell’autore e da ricordi e pensieri dello stesso, 1952; GIOVANNI COMISSO, Al vento dell’Adriatico, 1953; HELMA BROCK, Storie naturali, 1952, e finalmente ARTURO MARTINI, Lettere – raccolte da Giovanni Comisso, 1954.

Con questo volume le edizioni cessano le pubblicazioni, a causa dei debiti contratti, divenuti ormai troppo onerosi.

Nel 1960 uscirà, sempre per le Edizioni di Treviso, ma con formato diverso dal precedente,Poesie dialettali  di Ernesto Calzavara. Omonimo ma non parente di Maria, era costui un avvocato trevigiano trapiantato anche lui a Milano (strane analogie!), scoperto come poeta da Gino Scarpa. “Poeta in dialetto, e non dialettale”, secondo l’acuta definizione di Pasolini, sperimenta nelle sue opere originali contaminazioni linguistiche.

Nel marzo 1963 Gino Scarpa muore a Firenze. Lascia a Natale Mazzolà le carte con gli appunti dei Colloqui cha aveva avuto con Arturo Martini nel novembre del 1944.

Natale, con il prezioso aiuto di Maria, si occupa della difficile trascrittura degli appunti di Scarpa, “scritti a lapis”, e del loro riordino.

Nel 1968 esce per la casa editrice Rizzoli: GINO SCARPA, Colloqui con Arturo Martini, a cura di Maria e Natale Mazzolà, Introduzione di Guido Piovene.

La morte di Gino Scarpa, dopo quella di Arturo Martini, induce i coniugi Mazzolà a pensare alla futura destinazione delle loro collezioni.

Privi di figli, si sono sempre più riavvicinati a Treviso e vogliono lasciare, con atto di vero mecenatismo, le loro collezioni d’arte alla città natale.

Già nel 1967 avevano donato la grande scultura della “Pisana” al museo comunale di Treviso. Seguiranno molte altre opere, tra le quali la “Storie di Nippo”.

Maria Calzavara Mazzolà dona alla biblioteca comunale la sua preziosa Raccolta Foscoliana e i manoscritti e le lettere comperate da Comisso, morto nel gennaio 1969.

Maria Calzavara Mazolà morirà l’anno seguente.

Natale fa stampare, a sue spese, il “Catalogo della Raccolta Foscoliana donata alla biblioteca comunale di Treviso”, Editrice Trevigiana 1971, e l’”Appendice al Catalogo della Raccolta Foscoliana donata alla biblioteca comunale di Treviso”, Editrice Trevigiana, 1974.

Natale Mazzolà, dopo la morte di Comisso, si preoccupa di raccogliere le lettere che l’amico gli aveva scritto in un quarantennio.

Per un lavoro di tale mole, si rivolge ad uno specialista, il prof. Enzo Demattè, uomo di scuola, ma soprattutto scrittore, poeta e profondo conoscitore di storia veneta.

La scelta risulta felice. Il prof. Demattè analizza le lettere con un’acribia filologica degna della loro importanza. Natale Mazzolà interviene a chiarire i punti controversi e i dati biografici incerti.

Finalmente nel 1972 l’opera può essere data alle stampe, sempre per l’Editrice Trevigiana; marchio creato dallo stesso Natale. E’ lui infatti a pagare integralmente il volume che riporta, ben in chiaro, la dicitura “Edizione fuori commercio”: Trecento lettere di Giovanni Comisso a Maria e Natale  Mazzolà (1925-1968), a cura di Enzo Demattè, Editrice Trevigiana 1972.

Il ricchissimo apparato di note applicato dal prof. Demattè alle lettere costituisce una vera e propria biografia di Giovanni Comisso e della sua cerchia di amici.

L’importanza dell’opera è stata riconosciuta dall’Accademia dei Lincei, che le ha assegnato una “menzione speciale”.

Sempre nel 1972, Natale Mazzolà fa un ulteriore prezioso regalo alla città di Treviso: dona una forte somma di denaro, a nome dei “Coniugi Calzavara Mazzolà”, alla Casa Albergo Ferdinando Salce che si stava ristrutturando nella villa che Salce, altro benefattore della città, aveva lasciato in eredità per tale scopo.

Natale vi trascorrerà gli ultimi anni della sua operosa e generose vita.

Muore nel 1975.

Possiamo aggiungere un’ultima notizia: nel 1978 il prof. Enzo Demattè convince il Rotary Club ad acquistare dagli eredi di Giovanni Comisso il suo ricco archivio, che correva pericolo di essere disperso, e a donarlo alla biblioteca comunale di Treviso, per metterlo a disposizione degli studiosi.

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