Recensioni a “La madre di Eva” di Silvia Ferreri

“La madre di Eva” di Silvia Ferreri

Recensioni

Non posso che suggerirvi di leggere questa meravigliosa storia. Se cercate un romanzo che vi affondi una lama nel petto, che rimesti per cavarne la riflessione profonda, quella riflessione che aumenta il livello di consapevolezza del lettore, allora è il libro giusto per voi. Come lo è stato per me.
La madre di Eva racconta della trasformazione di una figlia. Come però accade a tutti, le aspettative che riversiamo su di loro quando ancora sono in fasce saranno disattese dalle inclinazioni naturali che influenzeranno il loro cammino. Questo accade ad Eva, che chiede soltanto di poter essere se stessa. Eva desidera che il suo corpo sia lo specchio della sua anima. Se necessario, chiederà a un giudice che le venga riconosciuto uno status che lei già sa essere suo dentro. Eppure, nonostante l’iniziale opposizione dei genitori, prima delusi, poi rassegnati, infine consapevolmente vicini, Eva prosegue dritta per la sua strada. Mai un ripensamento, mai un dubbio. Lei da quando è nata, sente di essere maschio. La fragilità della madre, che emerge potente attraverso le sue parole che ci conducono e ripercorrono i passi della rinascita di Eva, diventa la sua forza mentre attende che la figlia esca dalla sala operatoria. Non la si può condannare, perché a tutti può succedere di dover fare i conti con una realtà che non si conosce e non per questo ci si può esimere dall’affrontarla. L’autrice pone una questione importante, dai bordi spesso sfumati in questo Paese che fa ancora fatica, non dico ad accettarla, ma quantomeno a capirla: l’identità di genere è connaturata all’individuo. Non ha a che vedere con le condizioni culturali, sociali, psicologiche o altro. Non è una malattia, una devianza, un disturbo (sebbene i manuali diagnostici di malattie psichiatriche dicano di sì): è una persona nata in un corpo sbagliato. Gli stessi manuali che la relegano a disturbo di identità di genere, però, ammettono che è la sola malattia psichiatrica a essere curata dalla chirurgia. In questo bel romanzo di formazione, la strada di Eva è già tracciata, la crescita di sua madre è invece un divenire, attraverso prove talvolta infernali che ne minano la stabilità anche familiare. Dalla negazione e dal rifiuto, attraverso la rabbia e la contrattazione, la madre di Eva giunge all’accettazione attraversando tutte le tappe del dolore. Senza rinunce, senza giustificazioni. Lo sappiamo già all’inizio. Si trova in sala d’attesa, a pregare per la riuscita dell’intervento, qualunque esso sia. Riflette su come siano arrivate fino a lì, Eva e lei, su cosa hanno attraversato e sul suo ruolo di genitore che al di sopra delle proprie attese mette il bene supremo, l’amore per i figli. Molto ci dice anche l’assenza del padre, il suo silenzio, il suo delegare per non perdere terreno. Affrontare è difficile, in due lo sarebbe meno. Il coraggio però chi non ce l’ha non se lo può dare, questo vale per tutti, giustifica sempre le assenze degli uomini, mai le madri. Mi ha colpito la domanda che spesso affiora fra le righe: potrebbe pentirsi un domani di essersi operata? Chiaramente la risposta è nelle parole di Eva, ma anche in quelle che sua madre non vuole ascoltare.
Anita Pulvirenti

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