Stefano Salis: “La lettura. Un’esperienza multisensoriale.”

Questo è il suo debutto nella giuria tecnica del Premio Comisso. Quali sono le caratteristiche che l’hanno colpita nei libri votati per le terzine?

Sì, è il mio primo anno da giurato a Treviso, ma ho maturato una discreta esperienza con incarichi analoghi in altri premi nazionali.Devo dire che qui ho apprezzato la qualità di molte delle opere in concorso. In diverse di esse ho riscontrato un buon livello, in alcune, addirittura ottimo.

Nella sezione della narrativa, ho apprezzato la grande capacità di scrittura dei tre finalisti. Sono tre signori narratori. Zaccuri è un caso interessante di giornalista con la temperatura dello scrittore. Permunian è uno degli autori italiani più complessi e sono contento che faccia parte della terna finale. Siti non lo scopro certo io.

Il Premio Comisso ha due sezioni: la narrativa e la biografia. Quali sono i criteri di cui ha tenuto conto per la votazione delle terne?

Per la narrativa valuto sempre la qualità della scrittura e lo stile, caratteristiche ben rappresentate da Permunian, Siti e Zaccuri. Non amo i libri dalla trama forte e apprezzo quelli dietro i quali c’è un grande lavoro sulla parola scritta. Produrre letteratura per me significa esattamente questo: continuare a limare e rifinire.

Per le biografie?

In questo genere non guardo tanto all’importanza e alla fama del protagonista, mi concentro sulla narrabilità della sua vita. Pierre Michon, con Vite minuscole, è un capolavoro da questo punto di vista. Non mi stupisce che abbia vinto il Premio Nonino.

Quest’anno le opere in concorso erano oltre cento: una cifra rilevante e un bel segnale per il Premio.  È stato difficile arrivare alle due terne?

Non è stato facile, avrei preferito non dover scegliere solo tre autori, così avrei potuto inserire anche Rollo e Necci. Mi è dispiaciuto non siano arrivati in finale. La biografia di Alessandra Necci la meritava: i suoi due personaggi, Isabella e Lucrezia, erano molto difficili da raccontare e lei ci è riuscita.

Crede che per le edizioni future sarebbero auspicabili le cinquine anziché le terne?

Come dicevo, sono appena entrato in giuria e mi limito a osservare. Ogni premio ha la sua identità e la sua specificità ed è giusto che lavori per mantenerle. In giuria ho riscontrato grande equilibrio e desiderio di premiare l’eccellenza. Le scelte avvengono in modo democratico e poi è difficile litigare via mail.

Nessun suggerimento per le edizioni future?

 Più che di suggerimento, parlerei di desiderio personale: mi piacerebbe che in occasione della finale si leggessero opere di Comisso. Potrebbero essere gli stessi vincitori a farlo. Sarebbe interessante anche organizzare dei convegni nei giorni precedenti la votazione a Palazzo dei Trecento.

Le case editrici: è cambiato qualcosa dal punto di vista della qualità e della varietà di spunti?

Che le case editrici stiano attraversando anni di difficili non è un mistero e i grandi accorpamenti denotano uno stato di salute pericolante. Ma questo non significa che sia diminuita la qualità, semplicemente prevale la lettura breve e semplificata.

Questo ha a che fare con la quantità di tempo libero di cui godono i lettori: il libro deve fare i conti con quel piccolo pezzo di vita.

In questa analisi, come colloca il fenomeno dell’e-book?

Non ho mai creduto all’e-book e sono convinto che non abbia a che fare con la crisi dell’editoria. La lettura, per me, è e rimarrà sempre un’esperienza multisensoriale.

Un’esperienza che il proliferare di festival, rassegne e mostre sembra voler promuovere in tutti i modi

Sono assolutamente favorevole a qualsiasi iniziativa che possa fare aumentare il numero di lettori e questa possibilità non va negata a nessuno, anche se ci sono realtà che necessitano ancora di rodaggio. Sono scettico, però, quando si tende a stimare il successo di un evento basandosi sul numero di presenze.

Share