Il nemico in Friuli - Il viaggio in Friuli di Giovanni Comisso

Il nemico in Friuli – Il viaggio in Friuli di Giovanni Comisso

Passato il Tagliamento la terra si fa ancora più vasta e determina un vasto cielo: il cielo del Friuli. Il bel giorno di estate risulta oramai come il cespuglio di violette da dove è scattata la vipera: per un attimo di splendore estivo abbiamo dovuto subire dieci giornate di clima invernale con pioggia, freddo e nebbia. Non siamo abitanti fortunati di questa terra, ma sembra che solo da questo gioco derivi la molteplicità del nostro spirito.

Se le giornate fossero susseguentemente stupende noi si sarebbe di una monotonia e mediocrità detestabili.

Si penetra nella pianura dove già il grano à la spiga in bocca, secondo la fantasia contadina dei Veneti. I Toscani sono solo risolutivi e veristi: con la praticità del loro parlare da spiga fanno il verbo spigare e dicono: il grano sta spigando.

Sul limite verde della pianura spuntano i campanili dei villaggi sparsi e i tetti delle case agricole. Qualcosa di inafferrabile bussa alla porta dei nostri ricordi: quella strada di lato al Tagliamento, quei campanili, quella pianura sono stati attraversati in un giorno della nostra vita mentre il nemico incalzava dopo la battaglia di Caporetto e le scarpe consunte affondavano nel pantano della strada mentre pioveva lugubre.

Ritirata di Caporetto (foto di Italian Army Photographers 1915-1918, OpenVerse)

Le case del primo villaggio: Grions, sono come nidi delle rondini deserti dopo la partenza verso altri cieli. Si pensa di essere ritornati nella imminenza dell’arrivo dell’invasore.

I campi sono stati lavorati e dalle stalle viene il muggire degli animali. Sono grandi case per famiglie numerose, costruite di pietre e in prevalenza di sassi tolti al Tagliamento. Ogni casa à il suo grande portone per lasciare entrare i carri colmi di biade nel cortile retrostante; questi portoni sono centenari e dovrebbero essere documentati nei loro minimi dettagli, perché oggi non si saprebbe più costruire così docili a scorrere sui càrdini. Hanno maniglie adatte alla presa delle mani e opportuni canaletti laterali favoriscono lo scolo delle acque piovane impedendo che marciscano.

Una placida gallina viene avanti occhieggiando sul marciapiede della strada e toglie il senso che il paese sia deserto sotto all’incubo di un’invasione rinnovata al rumore dei miei passi risponde un altro muggito di animali dalla stalla.

Il fiume Tagliamento visto dal Monte di Ragogna (foto di Diego Cruciat, OpenVerse)

Entro nella casa della famiglia di Ugo, che ò conosciuto nella mia città. Mi accolgono come un parente che ritornasse dall’estero. Ci sediamo di fuori sul marciapiede davanti alla strada deserta. Non vi è più la grande cucina con il focolare emblematico della famiglia friu­lana. Oramai si sono ridotti in pochi, Ugo mi spiega. Egli con la sua famiglia lavora nella mia città, un altro fratello è emigrato in Canada dove à altro lavoro e altra famiglia. Sono rimasti solo i due vecchi e il fratello più giovane che pare stregato da forze fatali a concorrere per l’annientamento della vita in quella terra friulana un tempo ferace. Egli non ama il lavoro dei campi, ma la caccia e non pensa di sposarsi e pro­lificare: un giorno finirà per emigrare anche lui. Tutta la loro campagna è nelle mani del vecchio il quale per una bieca ironia del destino è stato mutilato alla mano destra da un proiettile residuato dopo la grande guerra.

Domando se ànno allevato i bachi da seta che un tempo costituivano l’ambiziosa ricchezza del Friuli. Non è possibile, non vi è la mano d’opera necessaria. Qualche famiglia ne alleva qual­che oncia per non perdere l’abi­tudine. Coltivano il foraggio e il granone per mantenere la stalla e i maiali che sono un valore certo. Il vigneto deve bastare per l’uso di casa, il frumento pure: sono come adiacenze dell’orto che dà l’insalata, le cipolle, i fagioli, le patate.

Vogliono farmi vedere la stalla: gli animali pezzati di rosso pelame ànno il muso bianco come un volto e le lunghe e bianche palpebre battono sugli occhi come per gli albini. Ogni stalla à anche un sano e valido cavallo per il trasporto dei carri dalla campagna al cortile.

Ritorniamo a sederci davanti alla casa. Tutto il borgo è fatto di case agricole una vicino all’altra, fatte di pietre e di sassi, con i tetti spioventi in fuori per difendere la facciata. Si parla con il figlio che è venuto dal Canada, egli à potuto concedersi questo viaggio quasi per confermarsi che non deve più ritornare al suo paese. Non potrebbe più adattarsi a vivervi.

Pubblicità della General motors del 1964 (openVerse)

Egli lavora nella «General Motors», à già preso la cittadinanza canadese, à una casa sua, à fatto amicizia con altri italiani: gli è nato un figlio che frequenta le scuole inglesi: ormai la sua nuova patria è là. È orgoglioso di avere saputo rispondere bene all’esame per avere la cittadinanza. Gli ànno chiesto quale forma di stato avesse il Canada: Repubblica, rispose. E chi è il presidente della Repubblica del Canada: la Regina d’Inghilterra, aveva risposto.

Si sente che sua moglie e sua madre si arabattano nella cucina moderna, a un certo momento ci avvertono che è pronto. Le donne friulane non ànno potuto tradire il loro dovere materno di preparare il mangiare per gli uomini. Nessuno aveva dato ordini, sapevano solo che si sarebbe arrivati nella sera. Il vecchio si era alzato presto per cercare sulle siepi le chiocciole per fare in tegame, ma il mattino era stato ventoso e le chiocciole non si erano mosse. Allora aveva cercato funghi nel bosco e li aveva trovati. Apparve augurale la polenta e subito dopo il pollo con i funghi, il salame e il formaggio. La tavola fiorì di vivande e i bicchieri rosseggiarono di vino: parve che la casa si fosse riscaldata di vita. Le donne avevano fatto perfino un dolce che la moglie dell’emigrato aveva appreso in Canada e venne l’acquavite e il caffè per farci cantare le canzoni friulane che avevamo imparato nella giovinezza di guerra.

Vista del paese Manazzons (foto di Diego Cruciat, OpenVerse)

Siamo tornati a chiacchierare seduti fuori dalla casa. Passano davanti a noi a piedi o in bicicletta le ragazze del villaggio con il bidoncino per il latte che portano alla latteria. Sono vestite da festa perché è domenica e non si vergognano ad andare con quel recipiente in mano. Viene voglia di applaudirle, ma presto dopo avere provato la vita di una prima emigrazione, avverrà che si vergogneranno e non vorranno più ritornare al loro paese natale.

Riguardo la fila delle vecchie case dove oramai abitano solo i vecchi, il loro colore è proprio quello dei nidi abbandonati e nel rivolgere lo sguardo verso oriente riprovo lo stesso incubo come nella ritirata quando il nemico avanzava da quella parte.

Giovanni Comisso

da La Gazzetta del Popolo del 11/09/1964.

Immagine in evidenza: Pinzano (foto di Federico Curridor, OpenVerse)

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