La Treviso meravigliosa di Alessandro Comin. Intervista di Federica Augusta Rossi

La “Treviso meravigliosa” di Alessandro Comin

Non è una guida, ma sa condurti per mano. Svela e rivela. Incuriosisce e commuove. Può essere letta invertendo l’ordine dei capitoli senza però far perdere mai le coordinate. “Treviso meravigliosa. Storie quotidiane della città gioiosa”, libro di esordio di Alessandro Comin, è un viaggio tra secoli e piazze, barbacani e versi poetici, arte e letteratura in un alternarsi tra storia e ricordi personali che restituiscono il ritratto di una città compresa e conosciuta a fondo come solo gli occhi e il cuore di un innamorato sanno fare.

L’intervista

Dopo quasi 40 di giornalismo, in 25 dei quali ha raccontato la tua città da cronista prima di continuare la carriera in altri luoghi del Veneto, cosa l’ha spinta a dedicare il suo primo libro proprio a Treviso?

Alessandro Comin

Credo che l’ispirazione arrivi sempre dal vissuto. Aver conosciuto a lungo la mia città prima di scriverne da cronista e averne scritto a lungo da cronista prima di scrivere un libro su di essa sono esperienze preziose. Il libro è stato un modo di andare oltre, raccontando la città attraverso un filtro personale che nella cronaca si deve sempre tenere molto più sotto controllo. In “Treviso meravigliosa” ci sono molti riferimenti a fatti di cronaca (personaggi sport, eventi che hanno riempito i giornali). Inoltre, essermi allontanato dalla mia città per motivi affettivi e lavorativi è stato indubbiamente fondamentale per sedimentare e selezionare ciò che di essa credo di avere capito e ci tenevo a raccontare di più.

Sia nei titoli che all’interno dei capitoli fa largo uso di giochi di parole: è più una scelta stilistica o un’attitudine?

Mi viene abbastanza naturale. Mi è sempre piaciuto giocare con le parole e con le relazioni tra loro. Credo che c’entrino molto la matrice classica dei miei studi e la passione per la lettura. Nei titoli c’è anche un elemento aggiuntivo: la possibilità di incuriosire e di divertire. Così “Narrami, o casa” dove parlo del linguaggio che secondo me parlano le case di tv, riecheggia un incipit omerico. “Segrete & Segreti”, sui luoghi più nascosti della città, fa il verso al celebre film “Signore & Signori” che ha segnato noi trevigiani, ”Ponti esclamativi” è il viaggio sui ponti di Treviso, ciascuno dei quali ha una storia da raccontare, “Cosa Restera” senza l’accento è non solo descrivere l’atmosfera dell’alzaia che è la passeggiata dei trevigiani, ma anche interrogarsi sul futuro dell’ambiente e della tradizione. A proposito di questo capitolo, dalle prime correzioni delle bozze mi tornava indietro con “Resterà“ rigorosamente accentato.

La meraviglia di Treviso sta anche nei suoi numerosi primati?

Non molti sanno che in città c’è la prima rappresentazione degli occhiali della storia dell’umanità nel capitolo dei domenicani affrescato da Tommaso da Modena nella chiesa di San Nicolò. Sono partito da quello nell’introduzione perché mi sembrava un simbolo della volontà di mettere a fuoco Treviso. Un altro record è quello del Sile, il fiume di risorgiva più lungo d’Europa. Tutti invece conoscono sicuramente i primati sportivi dal rugby al ciclismo, dal canottaggio al basket. Elementi connaturati all’essenza stessa della trevigianità.

Treviso è indubbiamente una città d’acqua. A proposito di Sile, come ha influito questa presenza sui suoi abitanti?

L’acqua è una linfa fondamentale per Treviso, perché la permea completamente. Anche dove non la vediamo scorre sotto i nostri piedi. L’acqua ha nutrito, ha salvato, ha fatto la fortuna della città. Lo sottolinea nella prefazione anche Fulvio Ervas che parla di “tessitura fondamentale”. E non è proprio l’acqua che rimanda allo scorrere e al suono delle chiacchiere “made in Treviso”?

L’acqua, però, non è l’unica chiave attraverso cui leggere la città.

I primi quattro capitoli si chiamano infatti “Acqua”, “Aria”, “Terra” e “Fuoco” perché ciascuno di questi tradizionali elementi fondamentali ha fatto la sua parte nel caratterizzare la storia della città. Pensiamo al vento del sottoportico dei Soffioni, ai pettegolezzi, alle case affrescate che spingono a guardare in alto. Alla matrice contadina dei trevigiani, alla nascita della città da una collinetta, alla materia prima estratta per ghiaia e laterizi. Agli antichi riti del fuoco con i roghi propiziatori e le fiammelle dell’offerta del cero alla Vergine, al bombardamento incendiario del venerdì santo del 1944 dal quale la città seppe risollevarsi e ricostruire. Se Treviso sa lavorare sodo e spendersi nel volontariato ma anche godersi la vita, deriva un po’ da questo tremendo passato di guerra.

Quanto a godimento della vita, la lezione di Comisso è un esempio illustre.

Comisso ha colto, sviluppato e vissuto proprio tutto ciò che dicevo prima. Era legatissimo alle acque e alla terra trevigiana, le comprendeva, ne era intessuto. Le sue pagine restano imprescindibili per cogliere lo stupore nel vedere e nel saper descrivere le bellezze che ci circondano, nell’orto della casa di campagna come nei reportage da tutto il mondo. Sono chiavi declinate da tutti i grandi autori trevigiani come Berto, Parise, Zanzotto.

Ben prima di loro parlarono di Treviso anche i padri della letteratura italiana.

Al di là del celebre verso del Paradiso “Dove Sile e Cagnan s’accompagna”, a Treviso è sepolto il figlio di Dante e nella stessa chiesa la figlia di Petrarca. Boccaccio invece vi ambienta una novella del Decamerone. Anche questo collegamento tra i tre grandi è un piccolo primato della mia città. Ma a definirla ridente di fontane e fine nei piaceri d’amore fu addirittura Fazio degli Uberti nel Dittamondo sempre nel 1300, la prima “guida turistica” in volgare. Un rapporto con la poesia che si ritrova nei “selciati parlanti”: sui marciapiedi in eleganti sassi del Piave di un quartiere residenziale sono incastonati versi e citazioni. Mi piace quest’idea della poesia che non è soltanto aerea ma sgorga dalle nostre radici, sotto i nostri piedi ben saldi sulla terra.

Una chiesa come un gigante addormentato, case dipinte che sembrano truccarsi e dialogare con la gente, alberi sulle mura simili a mani che salutano, canali che mormorano: dalle sue pagine emerge una città quasi antropomorfa.

Non ci avevo pensato, ma a rileggerle credo di sì. Questo è il bello di essere letto. Sicuramente Treviso presenta una carica umana speciale. È una città dove si può coltivare un umanesimo fatto di relazioni, cultura, convivialità.

Ed è anche un modello di intraprendenza che ha esportato nel mondo praticamente di tutto: dai maglioni alle biciclette, dalle carte da gioco al prosecco e al tiramisù.

È la vocazione del modello veneto che premia l’inventiva locale. È la conferma di una terra che dai tempi della Serenissima sa andare per il mondo. Questo modello di economia del “piccolo è bello” oggi mostra un po’ la corda, però le eccellenze restano tante e ne emergono sempre di nuove. Se posso fare una critica, negli anni del boom alla crescita economica non è corrisposta una crescita culturale altrettanto spedita. Ben venga quindi il rinnovato fervore del premio comisso e di altre iniziative, con il loro “apostolato” anche nelle scuole. E un ottimo segnale è la ritrovata vicinanza del mondo delle imprese a sostegno della cultura.

Treviso meravigliosa. Storie quotidiane della città gioiosa
di Alessandro Comin (Autore)
Editore: Edizioni della Sera (24 ottobre 2019)
Collana: Radici
Lingua: Italiano
ISBN-10: 889713999X
ISBN-13: 978-8897139997

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