“Your Song” di Giancarlo Marinelli

Con grande emozione vi proponiamo un estratto dello spettacolo “Your song” di Giancarlo Marinelli con Ivana Monti.
Lo spettacolo  è stato scritto e messo in scena in prima assoluta al Liceo Leonardo da Vinci di Treviso il 13 novembre 2015 con il contributo di Unindustria Treviso

“Your Song”

di Giancarlo Marinelli
Con Ivana Monti

Alice è stata una grande industriale italiana.
Dal niente ha fondato un impero. Ragazza di umili origini, agli albori del ‘900, si sposa con il proprietario di una minuscola fabbrica. Ma è lei che con il suo spirito, la sua iniziativa, il suo talento, riesce a costruire cave e cementifici non solo in Veneto e in Italia, ma in Austria, Germania, Olanda.
Adesso è molto anziana. Si è ritirata in una splendida Villa, chiamata Villa del Principe. Ma che lei ha ribattezzato, (chissà perché): della Principessa.
Vive piuttosto isolata; segue a distanza le aziende adesso mandate avanti dai figli, finanzia istituzioni culturali e legge i classici.
Da anni e anni, tutti i giornali, soprattutto economici, italiani e non, le chiedono un’intervista. Ma Alice si è sempre negata. Le sono stati conferiti premi, onorificenze in giro per l’Europa. Lei, puntualmente, ha inviato una lettera di ringraziamento. Oppure il marito.
All’improvviso però decide di rompere il silenzio. E lo fa all’indomani di un giorno tremendo. Il 12 settembre del 2001. Sceglie di confidare la sua vita, i segreti del suo successo, le luci e le ombre dell’ascesa al potere industriale al redattore del giornaletto locale di un paese austriaco, dal nome quasi impronunciabile.
Ma l’intervista, ben presto, diventa qualcos’altro. Una lezione, un processo, una festa, un gioco al massacro, una seduta spiritica: il giornalista, continuamente spiazzato, non saprebbe dire.
L’impresa, la politica, il potere finanziario, la guerra, il Comunismo, il Fascismo, il Boom economico, il futuro dell’industria e dell’intero Paese. E persino Elton John. Una canzone di Elton John. Che nulla c’entra o dove, forse, ogni cosa è scritta. Alice che tutto ha conosciuto, tutto racconta.
In attesa di rispondere a quell’ultima domanda. Che la ossessiona, che, come un tarlo, non le concede tregua da una vita.
E che nessuno, nessuno al mondo, ha mai avuto il coraggio di farle.
Ho scritto questo testo per omaggiare l’Impresa e la sua Storia.
E cogliendo l’invito degli amici Industriali di Treviso, a cui mi lega un’antica amicizia, (complice il glorioso Premio Giovanni Comisso), ho provato a tratteggiare l’affresco di un genio femminile, che, sempre dietro alle quinte di un apparente teatro esclusivamente maschile, ha in verità mosso le fila di un colosso industriale.
In questo senso, la partitura teatrale è volutamente “da camera”; mi piace pensare ad un teatro “riservato”, “nascosto”. Nel senso che qui prende voce un corpo di carne poesia di nome Alice, rimasta nell’ombra per una vita.
Una sorta di Reportage dai luoghi umbratili del Veneto da cui è partita la luce che ha illuminato il mondo.
In questo senso, avevo in mente Comisso. Va da sé: in mente, soltanto.
Ché la mia penna non vale nemmeno un frammento d’inchiostro della sua.

Giancarlo Marinelli

I Personaggi
Alice
Il Giornalista

 L’azione si svolge nella Villa di Alice, nella notte tra l’11 e il 12 settembre 2001, in Veneto.

Nel buio si odono i rumori tremendi, disperanti dell’11 settembre 2001. L’attacco alle Torri Gemelle.
Alice mira davanti a sé, (come se stesse vedendo la scena in tv), con aria terrorizzata.
Sulla quinta di destra, anche il Giornalista, guarda attonito dalla stessa parte.
I rumori si attutiscono fino a sparire.
Il Giornalista entra in scena e raggiunge Alice.

ALICE– Buonasera.
(Gli porge la mano, come se si aspettasse da lui il baciamano).

GIORNALISTA (le stringe la mano)- Buonasera. Anzi, buonanotte. Mi scusi se sono arrivato solo a quest’ora, ma con un così breve preavviso e con il mondo che saltava per aria, il viaggio è stato difficile. E poi: ci mancava solo la pioggia.

ALICE– In verità ho deciso di concederle l’intervista proprio per questi due motivi: il mondo che saltava per aria. E la pioggia.

GIORNALISTA– Dovrei sentirmi lusingato. Come il Direttore del mio giornale. Non ci credeva quando gli ho detto che lei mi aveva appena telefonato per darmi l’intervista. (Imitandolo) “Parti subito; se no quella cambia idea!”.
Io stesso ho pensato che fosse uno scherzo.

ALICE (consultando le carte)- La città austriaca da cui lei proviene si chiama: Foischenchenbachen.

GIORNALISTA– Non è una città. E’ un paese. Di 4.000 abitanti. E ha messo un “chen” di troppo.

ALICE– Foischenbachen.

GIORNALISTA– Esattamente.

ALICE– Parla piuttosto bene la nostra lingua, signor… (cerca negli appunti il nome), signor Gustav Aschen.

GIORNALISTA– Mia madre era italiana.

ALICE (sempre asettica)- E la testata per cui lei lavora si chiama: “Giornale di Foischenbachen”. Molto originale.

GIONALISTA– Che le ha chiesto l’intervista che lei ci concede gentilmente oggi, in data 11 settembre 2001, il 7 gennaio del 1981. Più di vent’anni fa. Molto sollecita.

ALICE– Qual è la tiratura del vostro giornale?

GIORNALISTA (secco)- Perché a noi? Perché io?

ALICE– Mi scusi?

GIORNALISTA– Il giornale per cui scrivo è poco più che un bollettino parrocchiale. Le maggiori testate, persino l’Economist, quindici anni fa, le hanno chiesto un’intervista. Ma lei si è sempre negata. Perché ha scelto noi? Perché ha scelto me?

ALICE (provando a non rispondere)- E’ molto tardi. Sarà meglio che iniziamo con le domande.

GIORNALISTA (incalzandola)- Abbiamo già iniziato. Questa è la prima.

ALICE– D’accordo. Il motivo è molto semplice: io ho sempre avuto una passione per le cose piccole. Minuscole. La nostra azienda all’inizio, consisteva in due forni. Pensi: solo due forni. Che son diventati una cava. Poi dieci cave. Un cementificio. Poi venti cementifici. Le cose piccole sono le migliori. Anche mio marito era molto piccolo. (Si interrompe).

GIORNALISTA (con un sorriso)- Ah sì?

ALICE– Di statura, voglio dire.

GIORNALISTA (mostrandole il cellulare)- Le dispiace se registro la nostra conversazione?

ALICE– No, faccia pure.

GIORNALISTA– Inizierei proprio dalla tragedia di New York, se è d’accordo.

ALICE– “Inizierei”?

GIORNALISTA– Continuerei, volevo dire.

ALICE– Va bene.

GIORNALISTA– Tutti dicono che da oggi in poi, ogni cosa cambierà. Come imprenditrice, lei pensa che il sistema industriale occidentale…

ALICE (interrompendolo)- Devo subito correggerla: come moglie di un imprenditore e come madre di imprenditori. I titolari erano, prima, mio marito e suo fratello e, adesso, i miei figli.

GIORNALISTA– Signora, tutti sanno che è sempre stata lei la mente di…

ALICE (di nuovo interrompendolo, dura, altezzosa)- Contessa. Si rivolga a me, così. E’ un titolo che penso di meritare, signore.

GIONALISTA (ancora più duro)- Dottore. Io sono certo di averlo meritato quel titolo.

ALICE (come perdendosi, guardando il vuoto)- Quando ho visto gli aerei che si infilavano dentro i grattacieli, non mi son venuti in mente gli uomini che, imbarcandosi, avevano salutato le mogli con un bacio, uno di quei baci che per ore e ore non apri più le labbra per la paura di perderlo, di perdere il suo ricordo, il suo impercettibile stampo che vuoi tenerti addosso. Eppure io ho avuto un fratello che, quando è partito per il fronte, è venuto a prendermi a scuola, si è accucciato sotto il tiglio, là, in giardino, mi ha dato un bacio sugli occhi, qui sotto… (li indica)… e mi ha detto: “Non piangere, Alice: perché se piangi, i miei baci si scioglieranno. Io mi scioglierò”.

E quando ho visto le Torri che cadevano a terra, no, io non ho pensato a chi era intrappolato lì dentro e che, in mezzo al fuoco e alle rovine, magari ha telefonato al suo bambino, per dirgli: “Non aspettarmi, amore: farò tardi stasera”. No, io ho pensato solo… (si interrompe, come impallidendo).

GIORNALISTA (facendole coraggio)- A cosa?

ALICE (con dolore autentico)- Il mio cemento! Il mio cemento!

GIORNALISTA (interdetto, esitando)- Mista forse dicendo che le Twin Towers le avevate costruite voi? La sua azienda?

ALICE– Solo i pilastri in calcestruzzo. (Ancora assorbita nel suo senso di colpa)… E’ mostruoso, vero?

GIORNALISTA (cinico)- No, è una notizia.

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YOUR SONG (File PDF)

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