Gastone Manacorda, Comisso e la Treviso del 1943

Gastone Manacorda, Comisso e la Treviso del 1943

È ben noto – e la circostanza è stata anche oggetto di vivaci polemiche storiografiche – che nei primi anni della Seconda guerra mondiale «Primato», la rivista di cultura ideata e voluta da Giuseppe Bottai per attrarre «gli intellettuali appartati rispetto al regime» 1, e in particolare gli ambienti più vivaci della gioventù colta, ebbe tra i suoi collaboratori anche giovani idealmente distaccatisi dal fascismo nell’ultimo scorcio degli anni Trenta o addirittura già entrati in contatto con l’organizzazione cospirativa del Pci o con la rete liberalsocialista, che attraverso quelle pagine intesero comunque affermare una presenza nel panorama culturale del paese: da Mario Alicata a Walter Binni, da Renato Guttuso a Giaime Pintor, da Carlo Muscetta a Giansiro Ferrata, da Giuliano Briganti ad Antonello Trombadori, per citarne solo alcuni.

Gastone Manacorda

A questo elenco si aggiunse da ultimo, proprio in extremis, il nome di un altro giovane, laureato in giurisprudenza, ma con una crescente passione per la storia, che sarebbe anch’egli diventato una figura di spicco del panorama culturale italiano nel secondo dopoguerra: Gastone Manacorda. La sua maturazione in senso antifascista, non facile né lineare, come ha avuto modo egli stesso di ricordare 2, aveva conosciuto un’accelerazione dopo la presa di contatto, negli anni immediatamente precedenti allo scoppio della guerra, con il gruppo di studenti che all’università di Roma si era formato attorno a Mario Alicata. Differentemente però da tanti altri giovani che come lui, per riprendere la metafora resa celebre da Ruggero Zangrandi, stavano compiendo quel lungo viaggio attraverso il fascismo che li avrebbe condotti su ben altre sponde, non aveva mai partecipato ai Littoriali né aveva manifestato in altro modo una qualche propensione a trattare su quotidiani o periodici argomenti di carattere culturale.

Gastone Manacorda con G. Lukács

È perciò curioso che un intervento di Manacorda su «Primato», – il primo e l’unico 3− sia comparso praticamente in articulo mortis, nel fascicolo, un numero doppio, con cui ebbe termine la storia della rivista, pubblicato all’indomani della caduta di Mussolini (anche se allestito probabilmente già prima del 25 luglio). La circostanza appare ancor più singolare se si considera che in quel momento Manacorda, richiamato alle armi, prestava servizio come ufficiale di complemento a Treviso, alla Direzione di commissariato del XIV corpo d’armata. Una spiegazione verosimile del perché la firma di Manacorda sia comparsa su «Primato» proprio durante la sua permanenza a Treviso possiamo ricavarla da una sua più tarda testimonianza, pubblicata nel 1984, in cui ricorda di aver avuto allora occasione di fare la conoscenza di Giovanni Comisso 4, che era appunto trevigiano e si divideva in quel tempo di guerra tra il capoluogo e la sua casa di campagna di Zero Branco.

Gastone Manacorda

Ebbene su «Primato» Manacorda dialoga proprio con Comisso, richiamandosi a un articolo, I sentimenti nell’arte, che lo scrittore aveva pubblicato sulla stessa rivista alla metà di giugno. Non pare arbitrario supporre che il dialogo tra i due fosse incominciato sotto forma di conversazione a Treviso e che fosse poi stato Comisso a fare da tramite tra il sottotenente Manacorda e la rivista culturale di punta del fascismo a cui aveva già altre volte collaborato 5. Ma prima di soffermarci su questo fuggevole rapporto tra lo scrittore a lungo segnato dall’intensa passione con cui in gioventù aveva vissuto l’avventura fiumana, inebriato dal fascino di D’Annunzio, e colui che diventerà uno dei maggiori esponenti della storiografia italiana di ispirazione marxista, occorre precisare un’affermazione fatta poc’anzi. Abbiamo detto che Manacorda non aveva fin lì affrontato temi di carattere culturale su giornali o riviste; aveva però partecipato a discussioni e a confronti in ambiti più riservati e ristretti, ma nondimeno pubblici e, almeno formalmente, legali. Facciamo perciò un passo indietro…
[… segue: leggi tutto l’articolo nel documento allegato]

Immagini: courtesy © Giorgio Manacorda

  1. L. Mangoni, L’interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo, Torino, Aragno, 2002, p. 465 [ed. or. 1974].
  2. G. Manacorda, Bilancio di uno storico [1988], in Id., Il movimento reale e la coscienza inquieta. L’Italia liberale e il socialismo e altri scritti tra storia e memoria, a cura di C. Natoli, L. Rapone, B. Tobia, Milano, FrancoAngeli, 1992, p. 257.
  3. G. Manacorda, «Per un’arte umana», Primato. Lettere e arti d’Italia, a. IV, n. 16-17, 1°-15 agosto 1943, p. 280 (se ne riporta il testo in appendice). Sulla rivista di Bottai aveva invece pubblicato precedentemente un articolo il fratello maggiore Paolo Emilio (P. E. Manacorda, «Folengo senza grammatiche», Primato. Lettere e arti d’Italia, a. III, n. 3, 1° febbraio 1942, pp. 67-68), pochi giorni prima di cadere in un’operazione di guerra in Erzegovina, il 25 febbraio 1942. Cfr. G. Crimi, «Il “Folengo senza grammatiche” di Paolo Emilio Manacorda», Quaderni folenghiani, X, 2018-2020, pp. 143-155.
  4. Cfr. la testimonianza di Manacorda in Ettore Luccini. Umanità, cultura, politica, Vicenza, Neri Pozza, 1984, pp. 79-82.
  5. Cfr. L. Urettini, «La scoperta dei sentimenti. Giovanni Comisso in “Primato”», Terra d’Este, a. XVI, 2006, n. 31, pp. 80-103.
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