Negli ultimi anni della vita, Giovanni Comisso si riprese la sua Treviso, che non certo era più quella della gioventù, quella che aveva idealizzato.
Ma era sempre la sua città, dove veniva trattato con riguardo e rispettato come Treviso, distratta, non era solita comportarsi, preferendo ignorare – pur sapendo chi fossero – i suoi cittadini che si erano fatti valere fuori dalla cinta daziaria.
Comisso era diverso, un piazzarotto borghese che meritava un ossequio non ostentato, ma intenso.

La prima volta che lo vidi, fu in centro a Treviso in libreria Canova, a discutere amabilmente con un altro bel personaggio, Ciro Cristofoletti, pittore, poeta e scrittore, che quell’unicum librario in Calmaggiore diresse dal 1946 al 1969, seminascosto da una barba fluente sale e pepe.
È sicuramente Ciro Cristofoletti l’amico libraio «che ha un aspetto barbuto da filosofo greco», come lo descrisse.
Non era raro che entrambi, e Comisso attorniato da qualche gaglioffetto, partecipassero alle vernici della Galleria Giraldo, situata proprio sopra l’omonima gioielleria in Piazza dei Signori, gestita dalla signora Aite, una splendida donna di cultura e di modi.
Fatte le scale, quando entrava Comisso diventava il centro dell’attenzione, e ricordo ancora, io quasi ventenne, erano i primi anni Sessanta, l’attenzione che veniva riservata ai commenti dello scrittore, che aveva dimostrato in passato anche una buona mano pittorica, allenata a Cortina, ospite della grande Rachele Padovan, che di lui s’era invaghita e me lo raccontava come un uomo di straripante fantasia. Per inciso, ricordo che nel sottotetto del suo tabià tenne lo studio il compianto amico Renato Balsamo, pittore di vaglia e ordinatore del Museo pinacoteca Rimoldi, nipote acquisito di Rachele.

Tornando alla passione grafica e pittorica di Comisso, restano i disegni e gli schizzi realizzati nei suoi viaggi da inviato.
Giovanni Comisso abbozzò poi profili buffi e schizzi vivaci di amici, immancabile Ciro Cristofoletti, viso interessante di suo.
Schizzi poi del disegnatore Giuseppe Novello, del collega Ugo Ojetti, anch’egli critico d’arte, del pittore Mario Vellani Marchi,…
E quindi, quando Giovanni Comisso apriva bocca in Galleria Giraldo la gente ascoltava e imparava.
Treviso amava farsi lodare come una piccola Atene, epoca e personaggi c’erano tutti per recitare in quel brillante e indolente palcoscenico che sovente andava a finire per ritrovarsi alla Colonna, l’osteria gestita da Nino Zigliotto e famiglia, con la matrona dietro il banco a riempire le scodelle di Clinton e di Bacò.
La Colonna, com’è noto, fu ritrovo di tanti artisti che bazzicavano a Treviso, dal povero Gino Rossi all’incompreso Arturo Martini, a Gino Borsato, che era anche consigliere comunale, a Juti Ravenna, che conobbi proprio alla Giraldo.
Concludendo con Comisso e la pittura: dipinse molto, cose gradevoli.

Dopo la sua morte, avvenuta nel vecchio ospedale di Santa Maria dei Battuti, sbocciarono d’incanto i suoi fiori, e più di un contraffattore assieme a qualche mercante d’arte imbroglione fecero soldi con la firma falsa di Comisso in calce alle tele solitamente 40 per 60, facili da eseguire come semplice erano il tema e la manualità. Una me la offrì anche un barbiere, tanto per dire.
Pochi ricordi di quell’anziano signore, dal sorriso malinconico e dalla vita consumata come una delizia che mai più poteva ripetersi.
Sergio Tazzer

Sergio Tazzer (Treviso, 1946), giornalista e scrittore, è stato tra l’altro direttore della sede regionale della Rai per il Veneto. Si è occupato in Rai e si occupa tuttora di storia moderna dei paesi slavi, passione nata all’università di Varsavia, frequentata all’inizio degli anni Settanta alla facoltà di Giornalismo. Ha ricevuto riconoscimenti ufficiali dalla Repubblica Ceca e dalla Slovacchia. Attualmente presiede l’Associazione Culturale Fratelli Rosselli di Treviso.
Immagine in evidenza: Giovanni Comisso