"Dentro il bosco: come nasce la Resistenza in un racconto di Rigoni Stern" di Antonio G. Bortoluzzi

Dentro il bosco: come nasce la Resistenza in un racconto di Rigoni Stern

Leggendo il racconto breve di Mario Rigoni Stern dal titolo Dentro il bosco, contenuto nella raccolta del 1962 Il bosco degli urogalli, si comprende subito che non è un racconto sulla vita selvatica, ma su come può nascere la Resistenza in montagna.
Rigoni Stern narra in prima persona di una conversazione con un paesano, durante una pausa in una giornata di caccia. I due protagonisti, chiacchierando tra loro, ricordano un episodio accaduto proprio in quel bosco alcuni anni prima.
Era il novembre del 1943, una giornata nebbiosa e c’era un giovane dell’altipiano che faceva legna, si chiamava Cristiano, non aveva ancora diciott’anni, era gagliardo e “batteva la scure con allegria”. I “briganti neri” salirono dal paese in colonna ed entrarono nel bosco “a rastrello” perché cercavano partigiani. Udirono i colpi del giovane boscaiolo, si avvicinarono, e mentre il ragazzo alzava la scure al cielo per darsi lo slancio e colpire il grosso ceppo, uno dei militi gli sparò al ventre. Il racconto prosegue con l’agonia del giovane, il suo interrogatorio con la pistola puntata alla fronte: volevano sapere dove aveva nascosto il fucile e dove stavano i partigiani. Ma non c’erano armi, né ribelli, solo un giovane con una scure che faceva la legna.
Rigoni Stern riporta le parole del testimone del fatto e suo compagno di caccia: “Mi misi a bestemmiare e a imprecare contro di loro perché vedevo che non c’era niente da fare, ma solo aspettare che (Cristiano) finisse di morire.” E il paesano continua: “Da quel momento diventammo tutti partigiani. Anche i vecchi e i bambini. Anche le donne. Ci ritirammo sulla montagna con i fucili da caccia e più tardi avemmo mitra e dinamite. Le donne portavano da mangiare e tabacco. Le brigate nere cominciarono ad avere la vita dura.

Non è sempre scontato conoscere le ragioni storiche che hanno portato al biennio 1943-45, la cui conclusione è celebrata ogni anno il 25 di aprile come Festa della Liberazione dal nazi-fascismo. Restano i documenti ma scompaiono i testimoni diretti, si vedono ancora i monumenti, le targhe, le lapidi, ma dopo ottant’anni la memoria sembra affievolirsi.

Un’operazione, che vorrebbe ridimensionare le ragioni degli uomini e delle donne della Resistenza, è questa: se i combattenti partigiani sono stati responsabili di episodi di ingiustizia allora si può porre sullo stesso piano di guerra civile le parti in conflitto, le ragioni e i sentimenti dei vincitori con quelle dei vinti. Un’altra è quella di far derivare alcune delle atroci stragi nazi-fasciste alla reazione dell’esercito tedesco occupante – e degli aderenti alla Repubblica di Salò – ad altrettanti attentati, sabotaggi, assalti da parte delle forze resistenti in Italia e organizzatesi in lotta armata dopo l’8 settembre.

Rosa e pietra

Il racconto dello scrittore dell’Altopiano dei Sette Comuni, il reduce, che aveva conosciuto le atrocità delle guerre d’aggressione in Francia, Albania, Grecia, Russia e il patimento, le miserie, il valore degli uomini, ci mostra un simbolico inizio, con la ferocia organizzata che arriva in montagna e coinvolge, loro malgrado, i civili. Così ancora nelle parole del testimone: “Nessuno di noi era ancora partigiano. A quel tempo badavamo ai fatti nostri e ne avevamo già abbastanza.”

Anche in questo essere pacifici e costretti a una vita dura nella periferia montana d’Italia, nasce una coscienza antifascista. Il racconto di Rigoni Stern termina così: “Non parlammo più fino a casa sua. Mi invitò in cucina a bere un bicchiere di vino. Sopra la credenza c’era un’immagine listata a nero. Era Cristiano: nato il 14.12.1925, morto per causa dei fascisti il 17.11.1943 – la mamma e la sorella – a ricordo per gli amici.

Monumento ai caduti, 31/08/1944 Casera Prese, Mezzomiglio

A ottant’anni dalla Liberazione pensiamo a quella giovinezza lì, alla foto incorniciata sulla credenza in una povera cucina in un paese di montagna, pensiamo a Cristiano che è morto innocente e non ha potuto vedere la caduta del nazi-fascismo e quella tensione alla pace che attraverserà l’Europa; quell’ambizione alla giustizia, alla libertà, all’uguaglianza che sono dentro il riscatto e l’onore di un popolo che si riconosce nella Costituzione della Repubblica Italiana.
Antonio G. Bortoluzzi

Pagina ufficiale dello scrittore Antonio G. Bortoluzzi
Immagine in evidenza: Mezzomiglio, Cansiglio

Mario Rigoni Stern – Il bosco degli urogalli
Giulio Einaudi editore, 2022
ET Scrittori
pp. XII – 156
ISBN 9788806257538
Introduzione a cura di Paolo Cognetti

Share