Il punto di partenza della scrittura di Marco Malvestio è il tempo. Il tempo che l’autore si prende per creare con le parole i propri personaggi. Questo è un aspetto del suo modo di scrivere che avevo già notato nel romanzo “Annette” pubblicato nel 2021 dall’editore Wojtek e che ho ritrovato anche nel suo ultimo romanzo “La scrittrice nel buio” edito dall’editore romano Voland ad aprile del 2024. Forse proprio perché “La scrittrice nel buio” è un romanzo di poco più di centocinquanta pagine questa caratteristica mi è sembrata ancora più evidente. In un panorama contemporaneo che privilegia, anzi cerca spasmodicamente, storie vere, personaggi realmente esistiti e ricordi d’infanzia trasformati in narrativa, qui Malvestio fa un’operazione che mi verrebbe da considerare ormai anacronistica: crea quasi dal nulla una storia e al suo interno fa interagire personaggi di finzione. Vorrei spiegare il “quasi” nella frase precedente e per farlo mi è necessario raccontare la trama del libro.
“La scrittrice del buio” inizialmente ruota attorno a due studenti universitari. La voce narrate è quella di Marco, ragazzo che viene da una famiglia di umili origini – il padre ha una cartoleria – che non trova nella famiglia un terreno comune su cui costruire un rapporto solido. Vive la vita di paese con sofferenza, sente un senso di claustrofobia. In generale sente di non appartenere al luogo in cui è stato destinato e per questo vive con grande sollievo il passaggio a Padova per studiare all’Università. Qui conosce l’altro personaggio principale del romanzo. Federico è un predestinato. Un ragazzo a cui non è mai mancato nulla nella vita e che porta dentro di sè una sicurezza data anche dalla vita che fa. La famiglia è agiata, se non addirittura ricca, vivono in centro a Padova. Mentre Marco deve procurarsi i libri in biblioteca e di seconda mano, Federico può comprare qualsiasi cosa voglia, anche le edizioni più costose. Federico però è anche uno studente brillante che sembra arrivare al nucleo delle cose sempre un po’ prima degli altri. Attorno a lui aleggia un senso di superiorità aristocratica. Malvestio racconta attraverso anche piccoli dettagli apparentemente secondari lo sviluppo della loro vita universitaria, racconta il passaggio al dottorato (che per Federico pare un’estensione naturale, se non dovuta, del percorso di studi) e racconta anche la vita post dottorato. Ecco, il mio “quasi” era dovuto al fatto che la storia raccontata ne “La scrittrice del buio” si muove all’interno dell’ambiente universitario che Malvestio, per frequentazione, conosce molto bene. Ci sono alcuni equilibri che vengono spiegati molto bene e che quindi, a mio parere, arricchiscono la narrazione creando un’ossatura del romanzo molto solida e plausibile.
Poi però arriva la seconda parte del libro e qui lo strappo con la precedente è tanto evidente quanto cercato. A Federico viene dato il compito di lavorare su un epistolario. Le lettere che lo scrittore e intellettuale Ferretti ha spedito a un amico e che ora, dopo la morte di questo, fanno parte di un lascito. Ferretti è scomparso ormai da decenni e ha lasciato alle sue spalle un vuoto carico di mistero. Nella fitta corrispondenza tra Ferretti e l’amico si riesce comprendere perfettamente il carattere dello scrittore. Un uomo che ha avuto successo, che agisce all’interno di una cricca di intellettuali, che usa il potere acquisito e che a volte millanta poteri che non ha, ma c’è dell’altro. Tra le lettere compare la figura di Maria Zanca. Ferretti l’ha contattata dopo aver letto una sua poesia pubblicata su una rivista femminista. Diviene subito chiaro che Ferretti matura delle mire particolari nei confronti di Maria Zanca. L’attrazione intellettuale si trasforma presto in attrazione sessuale e dalle lettere si comprende anche come Ferretti sia convinto di condurre le danze. Lo scrittore pensa di essere il seduttore della coppia, ma quello che succede in realtà è completamente diverso. Maria Zanca è un personaggio enigmatico, carico di mistero, oscuro. Malvestio ce la presenta quasi in penombra, non completamente formata. Sembra essere al contempo profondamente terrena, ma anche spirituale. Qualcosa in lei sfugge, Ferretti che è un uomo attaccato al proprio ego non riesce a vedere il pericolo. Il rapporto tra loro degenera e le lettere che Ferretti scrive all’amico testimoniano una deriva mentale pericolosa, le testimonianze dello scrittore si fanno sempre più confuse e sconclusionate. Arriva a confessare all’amico di aver gettato Maria Zanca da una scarpata perché voleva liberarsi del suo giogo, ma l’indomani lei è nel proprio appartamento. Lei viva e vegeta, Ferretti scomparso per sempre.
La storia affascina Federico che decide di recarsi nel paese di Maria Zanca e intervistarla, magari anche lei ha conservato una parte della propria corrispondenza. E anche questa volta Maria Zanca compare in penombra, Federico non riesce a comprenderla appieno, c’è sempre questa sensazione di oscurità, c’è sempre la sensazione che lei sappia qualcosa che Federico non sa, o meglio, che nessuno di noi ha capito.
Il crollo psicologico di Ferretti si trasferisce quasi per contagio a Federico che subito dopo l’incontro con Maria Zanca sembra sfaldarsi. Si lascia andare, dice di aver incontrato Ferretti, lo dice a Marco perché, secondo Federico, lui è l’unico che possa comprendere la portata delle scoperte che l’incontro con Maria Zanca gli sono state rivelate. Qui mi fermo perché non vorrei rovinare la lettura di questo romanzo.
Come detto, ci sono due nature che convergono all’interno de “La scrittrice nel buio”. La prima è quella, diciamo, più realista mentre la seconda ha a che fare con l’orrore, con l’indicibile e l’incomprensibile. La mente umana, in questo caso sia quella di Ferretti sia quella di Federico, hanno la presunzione di poter comprendere tutto. Questa presunzione costa caro a entrambi. La salvezza ce l’ha Marco che, anche per tornaconto personale, decide di non indagare l’ignoto.
Ho iniziato dicendo che il punto iniziale di questo romanzo è l’utilizzo del tempo che Malvestio si è preso per dipingere i personaggi, ma c’è anche un secondo aspetto che mi ha fatto apprezzare molto questo romanzo e si tratta proprio dello scarto improvviso che fa prendere al romanzo una direzione inimmaginabile fino a poche pagine prima. La figura di Maria Zanca è introdotta come se fosse l’elemento di una relazione tossica, come se fosse una persona squilibrata, ma il lei scopriamo le radici del male.
Malvestio è molto vicino al Weird in letteratura per cui non c’è da stupirsi che il romanzo abbia avuto questo sviluppo. Ne “La scrittrice nel buio” però ho intravisto anche un’influenza di certa letteratura latino-americana, quella che gioca con gli spettri e le presenze, quella che contribuisce a far nascere in noi miriadi di domande, ma che non fornisce risposte. Forse perché nelle risposte svanisce il mistero.

L’intervista
[Gianluigi Bodi]: Qual è il seme che ha fatto nascere in te l’esigenza di scrivere questa storia?
[Marco Malvestio]: Non c’è uno spunto preciso, è più un insieme di cose. Prima di tutto rimuginavo da un po’ sull’idea di scrivere qualcosa che rendesse l’atmosfera e in generale quello che provavo quando ero studente, quel senso di solitudine e spaesamento, di fascinazione e distanza per la materia che si studia. Poi volevo raccontare un’amicizia maschile, un tipo di legame che è caratterizzato sempre da una dimensione di rivalità e di imitazione che a mio avviso non è sempre indagata come merita. E poi avevo in testa questa immagine del finale, del compromesso insolubile sigillato da una sola parola, da una sola omissione. L’altra cosa che volevo fare era raccontare una relazione tra un uomo più anziano e una donna giovane senza però romanticizzarla, mostrandola invece per come è – ossia profondamente patetica, e intimamente abusante. Ho disposto questi elementi in ordine, e il romanzo in un certo senso è venuto da sé.
Nel tuo romanzo ci sono personaggi che ti sono affini per quel che riguarda l’ambito lavorativo e sarebbe quasi naturale chiederti cos’hanno di te questi personaggi, io però ti chiedo cosa c’è di te in Maria Zanca.
Di me niente. Io mi sono raccontato in uno dei personaggi maschili – non nel protagonista, a cui presto il mio nome, ma in Federico, a cui ho dato il peggio di me e del mio carattere. Maria Zanca non è ispirata a nessuno se non, in parte, a mia moglie, Marta Zura-Puntaroni, che come Maria è una scrittrice straordinaria il cui valore è sminuito a causa del suo genere e della sua distanza da modelli consolidati di cosa significhi essere un intellettuale e dalla performatività di questo ruolo. Ma la somiglianza si ferma qui, Marta non è cattiva come Maria né, che io sappia, è una strega.
Il “buio” del titolo ha un significato simbolico, psicologico o reale?
Il buio del titolo ha un significato prima di tutto materiale: è quello che la nasconde, quello delle carte, delle lettere, dei diari. Per me La scrittrice nel buio, fin da subito e come tutte le grandi storie gotiche, doveva qualificarsi come un romanzo sui pericoli della mediazione. Per questo il buio, perché Maria è nascosta, noi non la vediamo, il lettore non la vede che per poco, sempre dietro il sipario metaforico del racconto.
Qual è stata la sfida più grande nel processo di scrittura di questo romanzo?
La scrittura di questo romanzo, a confronto con altre mie cose edite e inedite, è stata incredibilmente lineare. La prima stesura ha richiesto più o meno venticinque giorni (ero in North Carolina per lavoro, ma con poco lavoro da fare, d’estate e in pandemia: circostanze particolarmente proficue alla scrittura), e non è stata cambiata molto. In un certo senso, mi ha aiutato avere preso le decisioni giuste sin da subito, come l’uso della prima persona o l’assenza di dialoghi. La sfida più grande era quella di fare un romanzo incentrato su un epistolario evitando l’effetto kitsch che si ha sempre quando si riproducono le finte lettere, i diari d’epoca, etc. Ma appunto, trattandosi di una cosa che avevo deciso più o meno in partenza, non posso dire che si sia trattato di una sfida occorsa durante il processo di scrittura, ma semmai a monte.
Marco Malvestio – La scrittrice nel buio
Editore: Voland
Data di pubblicazione: 19 aprile 2024
2024, 160 pp.
Brossura con bandelle, 14, 5×20, 5 cm
ISBN: 9788862435499
Dimensioni: 14.4 x 1.1 x 20.5 cm
Marco Malvestio è nato nel 1991 e lavora all’Università di Padova. Nel 2021 è uscito per Wojtek il suo primo romanzo, “Annette”.
Immagine in evidenza: Foto di JJ Jordan